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Lei

Pubblicato il 13 marzo 2014 da Giammario Di Risio
VOTO:


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Chi siamo? Chi potremmo essere? Cosa c’è nel mondo e quali possibilità abbiamo di interpretare l’esistenza e i sentimenti? A sviluppare queste semplici domande non è una persona viceversa un sistema operativo che, umanizzando con la voce il suo status, cerca di offrire agli uomini un aiuto sincero atto a decodificare la realtà circostante. Una realtà particolare, dove anche i sentimenti più autentici potrebbero assumere connotati nuovi in un gioco evolutivo dal sapore commosso e caduco.

In un futuro prossimo imprecisato conosciamo il pensieroso Theodore e i suoi precari stati d’animo. L’imminente divorzio dall’amata Catherine lo proietta in uno stato psicologico sofferente e la soluzione diventa il sistema operativo OS1: di fatto un’intelligenza artificiale, con il nome di Samantha, la cui voce femminile viene attivata da un computerino tascabile donando “ossigeno” e una nuova prospettiva di vita a Theodore. I due fanno amicizia, iniziano a sedursi; lui sembrerebbe riuscire a dimenticare Catherine, mentre Samantha potrebbe evolversi e prefigurare un’esistenza sovrapposta a quella degli umani. Mentre il gioco funziona e la complicità aumenta, ecco che i due iniziano a crescere e allargare il loro punto di vista sul mondo: ciò porterà presto a prendere atto di una diversità necessaria quanto definitiva.

Abbiamo tre livelli di significazione. Il primo è giocato sulla costruzione dell’immagine, con un quadro, continuamente governato dal corpo e dal volto di Theodore, che ci mostra una vita standardizzata in cui i luoghi dell’esistenza sono granitici: casa, ufficio, ascensore. Con il suo abbigliamento retrò, all’interno di un mondo futuristico ma vintage, questo personaggio immerge lo spettatore nella sua interiorità che sembrerebbe prossima a inaridirsi. Di contro al corpo abbiamo la voce diegetica di Samantha, che entra in gioco per sollecitare l’uomo contrapponendosi alla sua fisicità. Un altro livello sono i traumi che spingono i due personaggi: da un lato la separazione di Theodore che innesca l’intreccio e dall’altra l’incapacità della macchina di comprendere fino in fondo l’elettrocardiogramma di emozioni dell’uomo. Infine c’è la tesi del talentuoso regista Spike Jonze, che ci propone, mediante la metafora dell’amore, una società tecnologizzata che non va giudicata negativamente viceversa raccolta per essere rielaborata soggettivamente dallo spettatore.

Il linguaggio della macchina da presa sposa i primi e i primissimi piani del volto di Theodore, interpretato dal bravo Joaquin Phoenix, creando continui movimenti avvolgenti, mentre i dettagli del computer tascabile e i flashback della storia con Catherine ciclicamente intervengono durante la narrazione. La voce sensuale di Scarlett Johansson significa il personaggio di Samantha con frizzante ironia mentre la fotografia diventa estensione dell’emozione dei personaggi, passando da tonalità giallo ocra al grigio, fino ad arrivare al bianco candido della neve. Una chiave di lettura geniale per un film che butta l’occhio al nostro futuro senza retorica e grazie a un regista padrone indiscusso del suo mezzo espressivo.


CAST & CREDITS

(Her); Regia: Spike Jonze; sceneggiatura: Spike Jonze; fotografia: Hoyte Van Hoytema ; montaggio: Jeff Buchanan, Eric Zumbrunnen; interpreti: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Rooney Mara; produzione: Annapurna Pictures; origine: USA, 2013; durata: 120’


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