Holy Motors
’’l’art pour l’art’’, l’arte per l’arte, il motto di Théophile Gautier ha centinaia di anni e non ne avverte il peso. Il fascino di un’arte che prima di amare si ama, ama la sua estetica, la sua ragione stessa di essere, il suo spazio vergine in cui l’asfittico mondo borghese non può entrare. Un’arte che esprime se stessa e se ne frega di una sala di spettatori dormienti. Così inizia Holy Motors: in una platea con gli occhi chiusi che non vuole svegliare perché la pellicola non ha bisogno di spettatori per esistere. Il bambino prodigio dentro all’ormai adulto Leos Carax si è risvegliato e vuole giocare, con l’egoismo pulito proprio dell’infanzia, solo per il gusto di farlo. Sullo schermo passa allora quello che non è solo un omaggio al grande cinema e a tutti i suoi generi, ma all’arte in tutte le sue essenze, dalla letteratura alla scultura, passando per la musica. ’’l’art pour l’art’’ dice la storia di Oscar, un meraviglioso Denis Lavant alle prese con un ruolo da trasformista, un uomo che vive le vite degli altri ogni giorno. ’’l’art pour l’art’’ gridano fotografia, scenografia, regia e sceneggiatura e citano con amore offrendo lo spettacolo di una pellicola innamorata di sé stessa e di tutto quello che l’ha preceduta e, quindi, in un certo modo creata. Vita dopo vita, interpretazione dopo interpretazione, il linguaggio si fa complesso e sfida i borghesi di oggi ad aprire gli occhi, almeno per guardare il film, per tentare di dare una risposta alle proprie domande, di cogliere i rimandi, i richiami. La citazione perenne è qui infatti cifra stilistica e allo stesso tempo modus narrandi, significante e significato, gioco di specchi con un’anima riflessa così tante volte da far sorgere il dubbio che, in fondo, Holy Motors sia solo immagini, che tutto sia una burla, un gioco, che il nonsense sia il significato reale, che tutte le domande che sorgono e che non trovano una risposta immediata in realtà non l’avranno mai. Perché se l’arte è il motore sacro delle vite ogni risposta può essere quella giusta. Persino quella di chi è convinto che per dipingere un Rothko bastino una squadra e un po’ di vernice, o che dietro una pellicola estetizzante ci sia solo una risata beffarda e sorniona. Che importa cosa dice la gente? L’importante è che da quella sala buia qualcuno sia uscito con gli occhi aperti. E poi, dopotutto, domani è un altro giorno.
(Id.); Regia: Leos Carax; sceneggiatura: Leos Carax; fotografia: Caroline Champetier; montaggio: Nelly Quettier; musica: Neil Hannon; interpreti: Eva Mendes, Kylie Minogue, Michel Piccoli, Denis Lavant, Edith Scob; produzione: Pierre Grise Productions, Théo Films, Pandora Filmproduktion; origine: Francia, Germania 2012; durata: 110’