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Hugo Cabret

Pubblicato il 5 febbraio 2012 da Luca Lardieri
VOTO:


Hugo Cabret

Dal buio dello schermo compare una Parigi innevata. La macchina da presa comincia un lento e lunghissimo traveling che dall’alto si tuffa tra viottoli e stradine, giunge all’interno di una stazione scenograficamente a metà strada tra il Musée d’Orsay (museo nato all’interno di una vecchia stazione ferroviaria) e il Grand Central Terminal di New York, sfreccia tra treni e binari sfruttando tutto (finalmente!!!) il potenziale del 3D e giunge fino a Hugo, il piccolo protagonista della storia. Storia a metà strada tra realtà e fantasia che ha un solo grande obiettivo: far trasudare da ogni poro della propria pellicola, l’amore per la settima arte. Scorsese ci presenta quella che da lì a poco scopriremo essere la casa di Hugo pedinando il ragazzo come De Sica fece più di sessant’anni fa con il piccolo Bruno Ricci di Ladri di biciclette. Conosciamo così, tutti i personaggi con cui andremo quasi ad interagire, ogni angolo della stazione, il negozio di giocattoli di Méliès, la bancarella dei fiori e la sua proprietaria, il temibile capostazione e la fama di ladruncolo che il piccolo protagonista si è "faticosamente" costruito. Son passati circa otto/dieci minuti di film e senza il benchè minimo dialogo allo spettatore son stati presentati tutti gli elementi principali, attraverso i quali superare la terza dimensione ed entrare direttamente all’interno di questa incredibile avventura. Un prologo lunghissimo ormai diventato stile inconfondibile del cineasta di Little Italy, che riporta alla mente quello altrettanto lungo e mozzafiato di The Departed. "Finalmente" un respiro. Finalmente Hugo Cabret.

Chiunque abbia avuto modo di sfogliare o leggere lo straodinario romanzo illustrato di Brian Selznick, non potrà che esser rimasto incuriosito dalla singolare scelta fatta da Scorsese per esordire con il 3D e, in un sol colpo, con un film che ad un primissimo strato può sembrare per ragazzi. Una storia Romanzo le cui tematiche principali e la cui costruzione, lo rendono molto più vicino alla sensibilità di un autore come Tim Burton, piuttosto che a quella di uno dei cineasti cardine della cosidetta New Hollywood. Malinconia, chiaroscuri di tavole, a tratti inquietanti a tratti romantiche, che non illustrano ma portano avanti una storia. Scorsese però stupisce perchè ha trasceso il romanzo e ha trovato un’essenza, il suo punto di vista da cineasta cinefilo e l’ha portato sullo schermo con tocco leggero e magistrale. A volte forse un po’ troppo cerebrale e algido, così come l’automa che riporta in vita i bozzetti e le scenografie dell’illusionista Méliès, e troppo ammiccante verso cinefili come lui e/o addetti ai lavori. La terza dimensione utilizzata per far giungere fin davanti agli occhi dello spettatore un treno, cercando di riproporre la sensazione che i fratelli Lumiere avevano fatto vivere ai loro primi spettatori, il fascino degli effetti speciali artigianali di Méliès, la Nouvelle Vague di Truffaut e gli stacchi di montaggio alla Resnais (sapientemente riproposti dalla fedele Thelma Schoonmaker) che, come lo stesso Scorsese afferma: «fanno sentire liberi», la lezione neorealista e la tematica della conservazione e del restauro tanto care al fondatore della World Cinema Foundation. Poi però togliamo le lenti adulte con cui l’esperienza c’ha portato a vedere il mondo e reindossiamo quelle da bambini che guardano con occhi sempre nuovi e ci divertiamo, a tratti ci commuoviamo anche, liberi come la leggiadra macchina da presa che continua a muoversi sinuosa tra i corridoi della stazione e i cunicoli che si celano dietro i suoi splendidi orologi. Orologi che questa volta non scandiscono il tempo reale ma quello dell’anima. La teoria della relatività di Einstein acquista ancor più senso dopo Hugo Cabret e, come tutte le cose che si amano, ci si accorge che son già passate due ore, che la favola è finita, che gli occhi hanno goduto e il cuore si è saziato.

Un film in cui il vero protagonista non è Hugo, siamo noi. Noi che attraverso le nostre passioni e il nostro amore rivolto verso l’opera di un regista diamo senso all’anima stessa di quel regista. Scorsese è Méliès, con la stessa paura di scomparire senza aver lasciato traccia alcuna dietro di sé. Un compendio di tutti i timori e le passioni che chi decide di accostarsi ad una macchina da presa in maniera onesta e mosso da pura e semplice passione fa a prescindere da fama e successo. Si possono accendere le luci in sala e si può attendere con ansia il prossimo 26 febbraio. Il Maestro è tornato e questa volta senza la fame di Oscar che tanto lo ha tormentato negli ultimi dieci anni...e questo sì, fa la differenza.


CAST & CREDITS

(Hugo); Sceneggiatura: John Logan, tratto dal romanzo illustrato di Brian Selznick La straordinaria invenzione di Hugo Cabret; regia: Martin Scorsese; fotografia: Robert Richardson; montaggio: Thelma Schoonmaker; musiche: Howard Shore; interpreti: Ben Kingsley (George Méliès), Asa Butterfield (Hugo Cabret), Sacha Baron Cohen (Ispettore Ferroviario), Chloë Grace Moretz (Isabelle), Helen McCrory (Mamma jeanne); produzione: Paramount Pictures, GK Films, Infinitum Nihil; distribuzione: 01; origine: USA 2011; durata: 125’;


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