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Hunger Games: la ragazza di fuoco

Pubblicato il 28 novembre 2013 da Nicola Lazzerotti
VOTO:


Hunger Games: la ragazza di fuoco

“Luke, sono tuo padre!”. La frase più importante, il turning point e il climax definitivo de L’impero Colpisce Ancora. Ci sono molte attinenze tra la trilogia di Lucas e questi due primi film della trilogia (che in realtà sarà una tetralogia, in cui l’ultimo capitolo è diviso in due parti) di Hunger Games. E questa frase ci sembrava il modo migliore per tributare alla nuova serie un onorevole e meritato accostamento.
Accostamento del quale bisogna, prima di tutto, fare una considerazione sulla struttura narrativa, le due trilogie che sono praticamente sovrapponibili. Il cammino dell’eroe, il secondo film lasciato aperto come ponte per dare una continuità e una linearità alla storia, e alcuni personaggi che sembrano ricalcati. Non è un copiare ovviamente e neanche un plagiare, ma una contiguità alla narrazione, e una certa ineluttabilità dell’evoluzione della storia a cui gli autori, e del romanzo e del film, non si sono voluti sottrarre, valorizzando, in questo, modo l’opera tutta.
C’è tanto in questo Hunger Games: la ragazza di fuoco, in primis un attento lavoro sull’evoluzione dei personaggi nella loro complessità e nelle loro sfumature, sviluppati dagli autori tenendo ben presente l’architettura dei tre film, e soprattutto con un occhio attento alle dimensioni psicologiche ed emotive perfettamente aderente alla realtà rappresentata. Lo shock post traumatico subito dalla protagonista è un esempio tangibile e credibile del lavoro effettuato dagli autori sul carattere dei personaggi. Impegno inconsueto e insolito per un prodotto “giovanile”, ha l’intento di portare a galla la profondità che le ferite della violenza hanno impresso nell’anima di chi questa violenza è stata costretta ad imporsi per salvarsi la vita. Violenza che è sempre allusa nella sua brutalità, ma sempre veritiera nella sua manifestazione. Il regista sembra, infatti, avere più a cuore il riflesso che la violenza può avere sui personaggi, che dunque diventano il tramite e la misura nella loro sofferenza della drammaticità degli eventi che sono chiamati ad affrontare.
L’eroina cresce, e prende coscienza della questione sociale che l’avvolge e del ruolo che l’attende, la sua lotta da personale si trasforma in universale, caricandosi il peso del conflitto per la libertà. Ogni rivoluzione ha il suo leader, sembrano suggerirci gli autori, e Katniss ne incarna le fattezze esprimendo e trasmettendo il coraggio e accendendo il fuoco della rivolta. Per quando, forse banali, possano sembrare queste rilevanze bisogna tenere conto del pubblico effettivo cui è rivolto questo prodotto. E proprio per questa ragione risulta rilevante lo scarto di questa saga rispetto ad altri prodotti come Twilight. C’è una reale e sostanziale considerazione del pubblico giovanile, e una volontà di dialogo onesta e matura, che non è poca cosa.
A questo si aggiunge una messa in scena dall’alto profilo, credibile e curata, che rende tutto il progetto attendibile e veritiero. Si conferma quindi il buon lavoro svolto nel primo capitolo, e si convalidano tutte le buone aspettative per un film che non delude, ma che anzi sorprende nella sua assoluta riuscita.


CAST & CREDITS

(The Hunger Games: Catching Fire); Regia: Francis Lawrence; sceneggiatura: Simon Beaufoy, Michael Arndt, tratta dal romanzo omonimo di Suzanne Collins; fotografia: Jo Willems; montaggio: Alan Edward Bell; musica: James Newton Howard; interpreti: Jennifer Lawrence (Katniss Everdeen), Josh Hutcherson (Peeta Mellark), Donald Sutherland (Presidente Snow), Liam Hemsworth (Gale Hawthorne); produzione: Color Force, Lionsgate; distribuzione: Universal; origine: U.S.A., 2013; durata: 146’


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