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I fantasmi di San Berillo

Pubblicato il 30 novembre 2013 da Salvatore Salviano Miceli

VOTO:

I fantasmi di San Berillo

Come fosse un non luogo, uno spazio a cui hanno tentato di cancellare il passato e di nascondere il futuro. Questo è San Berillo, quartiere catanese distrutto negli anni cinquanta, i cui abitanti, ultimi come solo chi occupa le periferie può essere, a seguito delle legge Merlin del 1958, subirono una vera e propria deportazione sotto il proclama - come di consuetudine non evaso - di una nuova riqualificazione.
Pochi sapevano e sanno ancora che in quei vicoli si estendeva uno dei più grandi quartieri a luci rosse d’Europa. Vicoli bui, contorti e poco illuminati, metafora urbana della moltitudine di solitudini e vite disattese che di quelle anguste realtà erano i veri protagonisti. E allora a parlare sono tanto le immagini, tra repertorio e girato, quanto i personaggi che offrono i loro ricordi alla macchina di Morabito e, come una cornice cui spetta il difficile compito della sintesi, le parole di Goliarda Sapienza, che quelle zone le ha abitate, di Italo Calvino, di Vitaliano Brancati. Parole che passano dalla voce partecipata, incline alla narrazione, di Donatella Finocchiaro.
Restano i fantasmi a San Berillo, ombre di cui però non aver timore ma, al contrario, proprio come fa Morabito, da invitare al racconto. Così i volti che offrono testimonianza non si negano alla curiosità di chi osserva, assecondandola senza il timore di apparire stonati, anacronistici, incomprensibili. E poco importa allora se l’odore di "piscio" diviene quasi una traccia da seguire per riportare al presente suggestioni e pensieri che, con il favore degli anni, sembrano forse più dolci e meno duri di quello che furono in realtà. Non c’è scandalo - non può esserci se non nella puritana e bigotta ottica contemporanea - nella rievocazione di un eros per alcuni deviato ma in fondo disperatamente vitale.
Ogni ruga, ogni crepa, nell’uomo come tra le pietre che compongono le scalcinate strade, ospita fantasmi e Morabito riesce a scovare i nascondigli se non dei più interessanti, di quelli che meglio riescono a comporre il disegno che ha in mente. La regia osserva ma non si astrae ed è la scelta più giusta perché non potrebbe esistere un racconto del genere senza partecipazione. La mente corre a quel piccolo gioiello che è stato La bocca del Lupo di Pietro Marcello (vincitore del TFF 2009), ma solo per un attimo. In quel caso c’era una storia d’amore a sostenere e accompagnare la splendida ballata, mentre ne I Fantasmi di San Berillo l’amore pare essere più un timore che un’opportunità. E la voce di Fabrizio de Andrè con La Città Vecchia, che conclude il bel film di Morabito, sta a ricordare forse che per questi vicoli bui e nascosti, al contempo segreti e sfrontati, non esiste nord o sud, Genova o Catania, ma un unico luogo chiamato "altrove".


CAST & CREDITS

(I fantasmi di San Berillo) Regia e montaggio: Edoardo Morabito; fotografia: Irma Vecchio; voce narrante: Donatella Finocchiaro; produzione: Lemur Films; origine: Italia 2013; durata: 74’.


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