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I testimoni

Pubblicato il 12 luglio 2007 da Fabiana Proietti


I testimoni

Regalo di fine stagione: a una settimana di distanza escono due opere francesi di sicuro rilievo presentate a Berlino 2007 - I testimoni di Téchiné e La duchessa di Langeais di Rivette - per quanto la loro sortita in sala, un po’ in sordina e in compagnia dei saldi cinematografici estivi, di quei fondi di magazzino che le case di produzione consegnano a un mercato italiano che d’estate preferisce il mare al buio della sala, la dice lunga sulla considerazione di cui gode il cinema d’oltralpe non appena osi valicare i confini nazionali.
E dispiace molto perché il film di Téchiné avrebbe meritato un’attenzione assai più considerevole, sia per il valore dell’autore, tra i più rilevanti nella generazione post- nouvelle vague, sia per quello intrinseco dell’opera, profonda e appassionata.
Parigi, estate 1984. Il medico omosessuale Adrien, Sarah, scrittrice di fiabe per bambini appena diventata madre e il suo compagno, il poliziotto Medhi, stanno per fare un incontro che cambierà le loro vite: quello con Manu, giovane appena sbarcato in città, ’le nouveau venu’ come scriverà Sarah nel titolo del romanzo a lui dedicato.
Ed è questo ragazzo, vitale, appassionato, a diventare immediatamente il motore dell’azione, a suscitare nei tre protagonisti emozioni violente e reazioni impreviste, scardinando le loro certezze ponendoli infine di fronte alla realtà più aberrante, quella della malattia e della morte.
Adrien, Sarah e Mehdi sono i testimoni della breve ma intensa parabola di Manu, parallela e simile, probabilmente, a quella di tante altre vite spezzate dall’Aids, la ‘peste’ che negli anni 80 mette irrimediabilmente fine a una libertà sessuale e sentimentale, libera da condizionamenti morali, mai più ritrovata.
Non sono molti i film sull’argomento; pochi soprattutto quelli che l’hanno trattato senza incorrere in toni da saggio scientifico o sociologico. Se Demme con Philadelphia ci raccontava l’America e le sue psicosi, la ghettizzazione e la discriminazione sociale, in Europa soltanto Le notti selvagge di Cyril Collard crea un precedente, unico tra l’altro per la sua tragica aderenza alla vita reale: il suo autore morirà di Aids tre giorni prima di ritirare il premio per il Miglior Film ai Césars.

Ora è André Téchiné a tornare sull’argomento, trascorso quello che i francesi chiamano ‘le recul du temps’, il tempo necessario a valutare un fenomeno nelle giuste proporzioni. Ma Téchiné non fa analisi sociologiche; racconta piuttosto un dramma in tre atti - il primo, Les Beaux Jours, il secondo, La guerre, e l’ultimo Le retour de l’été - che è un’immersione nella vita, un confronto col suo opposto - la malattia, la morte, presagita sul volto di Manu dalle pustole che lo devastano - e infine un ritorno alla vita, logico, naturale, ma anche brutale conferma di un tempo che cancella chi non c’è più. La vitale crudeltà dell’esistenza, sottolineata dall’autore con una sequenza finale che ripete i movimenti gioiosi dei protagonisti, in una delle scene iniziali in Costa Azzurra, con un quarto personaggio a rimpiazzare Manu.
Téchiné ritrova il tocco felice della sua opera più bella, Les Roseaux sauvages, dove affrontava un altro contesto altrettanto complesso e delicato, in cui le fragilità sentimentali dei giovani protagonisti si scontravano con il conflitto algerino.
Con Les témoins il regista tocca un momento cruciale per la società occidentale - una perdita d’innocenza che invade la sfera privata dei sentimenti - senza per questo piegare i suoi personaggi a delle tipologie a rischio, ma raccontandoli nel loro privato, sondandone la disperazione e la passionalità, sfiorandoli da vicino con la macchina da presa, senza paura di mostrare l’incedere della malattia. Rivelandosi però rispettoso e pudico nel ricorso all’ellissi per evitare l’enfasi ridondante nella morte del ‘caprio espiatorio’ Manu.
Il suo personaggio del resto, pare essere ‘fuori campo’per tutta la durata del film. Egli sembra esistere soltanto nella misura in cui irrompe nelle esistenze di Mehdi, Adrien, e più incidentalmente, di Sarah, lasciandone trasparire dubbi e lacerazioni interiori per una maternità rigettata, una sessualità incerta o un’infelicità sentimentale radicata. Un personaggio/specchio cui - tramite le parole incise sul registratore - anche il regista consegna una riflessione sulla condizione di profonda solitudine dell’amore omosessuale.
Eppure Les témoins non è impregnato di atmosfere mortifere: se il commento musicale è affidato alla girandola sentimentale de Le nozze di Figaro (le cui arie sono cantate da Julie, sorella di Manu), la tragedia che coglie inaspettatamente i protagonisti non scalfisce la vitalità che il prologo e l’epilogo chiamano in causa nella cornice assolata e splendente di Marsiglia.
Il freddo dell’inverno parigino resta confinato al passato, a una memoria dolorosa che non può tuttavia impedire - come recita il terzo atto - il ritorno dell’estate.


CAST & CREDITS

(Les témoins), Regia: André Téchiné; Sceneggiatura: Laurent Guyot, Viviane Zingg, André Téchiné; Fotografia: Julien Hirsch; Montaggio: Martine Giordano; Interpreti: Emmanuelle Béart (Sarah), Michel Blanc (Adrien), Sami Bouajila (Mehdi), Johan Libéreau (Manu), Julie Depardieu (Julie); Musiche: Philippe Sarde; Produzione: Sbs Films, France 2 Cinéma, Canal+, Tps Star; Distribuzione: 01 Distribution; Origine: Francia, 2006; sito della distribuzione italiana


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