Il colore del vento - Roma 2010 - Extra
Nato nel 1950, milanese, laureato in Lettere e filosofia con indirizzo cinematografico, Bruno Bigoni è regista, sceneggiatore e produttore cinematografico e televisivo. Ha iniziato a lavorare nel cinema all’inizio degli anni ’80 e nel ’93 il suo film Veleno è stato presentato in concorso al Festival di Locarno.
Bruno Bigoni è stato tra i fondatori del Teatro dell’Elfo a Milano, e si è sempre occupato di molte cose: insegnamento, organizzazione di manifestazioni legate al cinema, lungometraggi e lavori per la televisione.
La casa di produzione Minnie Ferrara & Associati, di cui Bigoni è socio, ha prodotto il suo ultimo lavoro, Il Colore del Vento - Un Viaggio nel Mediterraneo sulle Tracce di Creuza de Mä
, un film documentario presentato nella sezione Extra - L’altro cinema dell’edizione 2010 del Festival internazionale del film di Roma.
L’ultima fatica dell’autore lombardo è un viaggio non turistico su una nave mercantile. Gli occhi di un marinaio diventano una soggettiva sul Mar Mediterraneo e sulle sue contraddizioni contemporanee: quelle di un mare di barche a vela su cui si brinda e ci si abbronza, che incrociano barconi di disperati che trasformano il luogo di vacanza in viaggio della speranza, qualche in volta in cimitero.
Il mediterraneo è un mare bellissimo che divide più che unire, che respinge i sogni e i bisogni del suo Sud, a causa di un Nord ricco e impaurito, soprattutto dopo l’11 settembre. Il Mediterraneo descritto da Il colore del vento è un mare che rende lontani paesi geograficamente vicini, che non consente ai popoli che lo abitano di comunicare come potrebbero.
Lo spirito guida di questo andar per mare di Bigoni, ad incontrare storie e persone, è Fabrizio De Andrè, uno che credeva nella musica come elemento di unione, che vedeva nella differenza, e nell’incontro di questa con altra differenza, una ricchezza per tutti. Bigoni ha riascoltato Crueza de Mä, e si è fatto ispirare da ciò che quell’album musicale raccontava. L’amore per gli sconfitti del cantautore ligure, il suo odio per i conflitti bellici, lo spirito anarchico dei suoi testi. Questi temi legano le storie umane narrate da Bigoni, quasi tutte storie di donne. Come spiega l’autore "il documentario ha la missione di andare sul luogo. E lì di osservare e cercare di capire. Allora trova una storia, e attraverso quella storia racconta ciò che vede".
Bigoni inquadra un mediterraneo complesso. Di grandi città affollate e rumorose, di popoli e culture, di porti e vicoli intrisi di vita e di sofferenza, di dolore e povertà. Una storia per ogni città. La prima è Barcellona, una sorta di prologo del film, dove in passato il sogno di libertà divenne per qualche mese realtà. Conxa Pérez, 95 anni, ultima sopravvissuta delle “mujeres libres”, racconta quei giorni indimenticabili. Poi Tangeri, e le speranze dei giovani che vedono nella vicina Spagna la possibilità di migliorare la propria vita e di avvicinarsi ai propri sogni, attraverso quel mare che è insieme fonte di pericolo e di salvezza.
Si arriva a Bari, dove Violeta, un’immigrata albanese, racconta il suo difficile cammino d’integrazione. Si vedono le immagini di repertorio di quella grande nave arrugginita stracarica di petti nudi e magri, ma è il momento più ottimista del film, il racconto di un risultato positivo, prima che la navigazione prosegua e si arrivi in Tunisia, dove la cantante Mouna Amari fonde la sua arte con quella di Mauro Pagani, per una sonorità musicale che si fa ponte fra oriente e occidente. Ne nasce una versione inedita della canzone Sidun, sull’omonima città libanese martoriata dalla guerra, come molti altri posti di questo mare composto di tante realtà difficili.
Eccoci a Lampedusa, dove i cittadini manifestano contro il ripetersi costante degli sbarchi dei clandestini. Rifiuto e comprensione si mescolano di fronte ad una sofferenza più grossa di quella di chi vede il proprio piccolo paradiso invaso da uomini fortunati per il solo fatto di essere ancora vivi.
Ancora una città, Istanbul, prima di risalire l’Adriatico e di incontrare di nuovo il ricordo della guerra. A Dubrovnik, penultima tappa del viaggio, c’è Ivana, che da bambina parlò nel suo diario della guerra civile che nel 1991 dilaniò la sua terra. Ancora violenza, ancora dolore.
La nave si ferma definitvamente nel porto di Genova e parla con donne nigeriane private della libertà e della felicità sognata, finite a prostituirsi nei vicoli della città vecchia. La loro vita è nelle mani della crimininalità e la loro testimonianza conclude un reportage duro e poetico sul Mediterraneo di oggi. Un viaggio interessante che regala un documentario che pone di nuovo importanti domande, che ama fondere linguaggi diversi ma che rifiuta quello televisivo.
Regia: Bruno Bigoni; Sceneggiatura: Bruno Bigoni, Silvia Da Parè (Collaborazione), Lara Fremder (Collaborazione), Marco Villa (Collaborazione); Musiche: Mauro Pagani; Montaggio: Massimo Fiocchi, Cristina Flamini; Fotografia: Daria D’Antonio Saverio Guarna, Fabrizio La Palombara, Andrea Locatelli; Produzione: Minnie Ferrara, Bruno Bigoni in collaborazione con Lumiere & co.