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Il Destino di un Guerriero - Alatriste

Pubblicato il 21 giugno 2007 da Salvatore Salviano Miceli


Il Destino di un Guerriero - Alatriste

In bilico tra rivisitazione storica ed opera di fantasia, seguendo i chiari stilemi di un genere, cappa e spada, sempre in procinto di scomparire ma che poi ciclicamente finisce per riapparire, purtroppo con risultati estetici alquanto discutibili, Alatriste dello spagnolo Agustin Diaz Yanes arriva sugli schermi italiani dopo l’anteprima autunnale, piuttosto tiepida in termini di accoglienza, della scorsa Festa di Roma.
Il film, che grossa eco ha avuto in Spagna, vede come protagonista il capitano (galloni guadagnati sul campo e non per ufficiale investitura) Alatriste, personaggio creato dalla penna di Arturo Perez Reverte, che gli ha dedicato ben cinque romanzi, la cui saga è tanto poco conosciuta qui da noi quanto ammirata e famosa in terra iberica, dove la pellicola ed i libri sono ambientati.
Siamo nel seicento ed il capitano Alatriste, eroico reduce della Guerra delle Fiandre, si trova improvvisamente al centro di innumerevoli giochi di potere, tra una chiesa che vede crescere in maniera esponenziale il suo ruolo inquisitorio (parliamo di 400 anni fa a scanso di equivoci) ed un re, Filippo IV, che aveva lasciato il potere esecutivo nelle mani del perfido Duca di Olivares. In mezzo a tutto questo il nostro antieroe, tale infatti è giusto definirlo, deve accudire Inigo, figlio di un compagno d’armi morto tra le sue braccia, e districarsi in una immancabile e complessa storia d’amore che si protrae per l’intera durata della pellicola.
Andando oltre le sequenze di combattimento, visivamente forse un po’ troppo confuse ma che hanno in un realismo che annulla qualsiasi iperbole rappresentativa il loro miglior pregio, il film a nostro avviso convince sufficientemente proprio per il rifiuto, narrativo e concettuale, di una struttura da blockbuster, conservando, al contrario, una autorialità facilmente riscontrabile nella regia e nell’impianto mai troppo commerciale della fotografia. La luce sembra uscire direttamente dai componimenti pittorici di Velasquez, la città è restituita attraverso un uso assai convincente di coni d’ombra che prima di tutto raccontano una Madrid al centro di lotte intestine, popolata da etiliche visioni notturne, dove ogni angolo cieco può nascondere l’imprevedibilità di un agguato.
A vestire i panni di Alatriste troviamo un Viggo Mortensen reduce dalla prova assai felice di A History of Violence di Cronenberg. L’attore, memore dell’infanzia trascorsa in Argentina, svolge un’opera di costruzione del personaggio ineccepibile, sfoderando anche un castigliano perfetto che non sarà, però, possibile ammirare nella versione italiana. Da menzionare anche il nostro Enrico Lo Verso alias Gualtiero Malatesta e un difficilmente riconoscibile Javier Camara (noto agli estimatori di Almodovar) nei panni del Duca di Olivares.
Piuttosto complesso pronosticare un buon successo al botteghino italiano di Alatriste. Resta, però, la convinzione che, pur non gridando al capolavoro, il film sia abbastanza valido e meritevole di attenzione.


CAST & CREDITS

(Alatriste) Regia e sceneggiatura:Agustin Diaz Yanes; soggetto:Arturo Perez Reverte; fotografia:Paco Femenìa; montaggio:Josè Salcedo; costumi:Francesca Sartori; interpreti:Viggo Mortensen (Diego Alatriste), Elena Anaya (Angelica de Alquezar), Eduardo Noriega (Duca di Guadalmelina), Javier Camara (Duca Olivares), Enrico Lo Verso (Gualtiero Malatesta); produzione:Estudios Piccaso, Origen Producciones Cinematograficas, Nbc Universal Global Network Espana, Telecinco; distribuzione:Medusa; origine:Francia, Spagna, Usa; durata:‘147; sito ufficiale


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