Il giardino dei limoni - Lemon tree

La forza dell’arte, e in particolare del cinema, è quella di riuscire a riassumere situazioni complesse in singole immagini simbolo. Come in una perfetta sineddoche Eran Riklis riesce, con Etz Limon, nel difficile compito di raccontare il conflitto israelo-palestinese, il dramma umano, i dilemmi interiore, attraverso una storia semplice e l’immagine, emblematica, di un albero di limoni.
L’albero, o meglio, il frutteto in questione è quello che divide la casa di Salma Zidane, palestinese, dalla residenza del ministro della difesa israeliano in un villaggio della Cisgiordania. La lotta di Salma per impedire allo stato di Israele di sradicare le sue piante, sola fonte di sostentamento e unico ricordo del padre, è la perfetta metafora di una lotta per la sopravvivenza, per l’affermazione della propria identità e dei propri diritti. Ciò che colpisce però nella pellicola di Rikilis è la differenza fra lo Stato d’Isrele, le sue istituzione, il suo ministro, e gli israeliani, rappresentati da una guardia della residenza e dalla moglie del ministro della difesa. Se infatti le istituzioni appaiono più impegnate a salvaguardare la loro immagine, la loro posizione di ferrea chiusura nei confronti del popolo palestinese, le figure di Mira Navon e “Quikie” sembrano evidentemente più umanamente vicine alla vicenda della loro confinante. In particolare i dilemmi che lacerano Mira, moglie del ministro, sembrano manifestare i dubbi, le perplessità di una parte degli israeliani verso una politica di falchi, aggressiva e violenta. Mira, al contrario, davvero vicina di casa, non può che comprendere le difficoltà e il dolore di Salma, la cui unica colpa e di vivere nel posto sbagliato.
L’alternanza di gioie e dolori, di sconfitte e vittorie, speranza e pessimismo, lacrime e sorrisi ben rappresenta l’instabilità di una zona e di una situazione al limite dell’indecifrabile. Il conflitto fra Israele e Palistina appare infatti come una dei contesti più difficili da narrare e per una situazione in cui, anche per le stesse parti in causa, è difficile prendere una posizione. La sicurezza di Israele e delle sue istituzione è sicuramente un valore inviolabile, così come è inviolabile il diritto dei palestinesi alla loro terra, alla loro cultura, alla loro identità. Questo dilemma, apparentemente irrisolvibile, emerge in chiave poetica dalla pellicola di Rikilis, il cui Etz Limon finisce per esser una barriera, che divide, ingiustamente, due donne e due realtà molto più simili di quel che la guerra e gli scontri fanno sembrare. Una barriera invisibile che si fa muro. Quel muro voluto dal governo israeliano e che manifesta proprio l’approccio freddo e prepotente emblematicamente riassunto nella figura del ministro della difesa di Rikilis. Certo è che se l’approccio alla questione rimarrà quello di erigere muri non ci sarà certo pace fra gli alberi di limone.
Giampiero Francesca
(Etz Limon); Regia:Eran Riklis; sceneggiatura:Suha Arraf, Eran Riklis;fotografia: Rainer Klausmann; montaggio: Tova Ascher; interpreti: Hiam Abbass (Salma Zidane), Ali Suliman (Ziad Daud), Rona Lipaz-Michael (Mira Navon), Doron Tavory (il ministro della Difesa/Minister of Defence), Tarik Copty (Abu Hussan), Amos Lavie (il capitano/Captain Jacob), Amnon Wolf (Leibowitz), Smadar Yaaron (Tamara Gera), Ayelet Robinson (Shelly), Liron Baranes (Gillad), Loafi Nofi (Nasser Zidane); produzione:Eran Riklis Productions, Mact Productions, Riva Film, Heimatfilm; distribuzione:Teodora Film ; origine: Israele, Francia, Germania, 2008; durata: 106’.
