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Il grande e potente Oz

Pubblicato il 7 marzo 2013 da Fabiana Proietti
VOTO:


Il grande e potente Oz

Quanto è giovane il cinema di Sam Raimi. E spavaldo, proprio come un ragazzino, capace ancora di girare for love of the game, come il titolo forse più rappresentativo di una filmografia che, pur spaziando fra i generi e tra piccole e super produzioni, riesce sempre a seguire la sua strada di mattoni dorati.

Quel che colpisce di più del blockbuster disneyano, prequel del celebre romanzo di L. Frank Baum e dell’omonimo film di Victor Fleming con la divina Judy Garland, è l’assoluta nitidezza con cui emerge, intatta, la personalità autoriale di Raimi, i suoi nuclei tematici - il dono e la responsabilità, che diventano centrali anche per questo mago in fieri... - e il candore folle con cui riesce a piegare una macchina da milioni di dollari a una personale dichiarazione d’amore al cinema.

Diventa allora impossibile guardare il suo Oz e non pensare alla riflessione analoga dell’Hugo Cabret di Martin Scorsese, in sala appena un anno fa. Ma se entrambi celebrano il cinema come artigianato, come materia capace di dar vita al sogno e alla fantasmagoria, il risultato a cui giungono è diametralmente opposto perché tanto Scorsese sale in cattedra, sfogliando il suo bel manuale (il suo cinema ormai sembra volersi saldamente accomodare sugli scaffali piuttosto che nelle mean streets...) quanto Raimi dimostra di aver ancora una gran voglia di giocare, divertire e divertirsi.

Il suo Mago è un ciarlatano, un truffatore, un saltimbanco alla stregua di Gene Kelly in quello che è forse ancora oggi il più bel film sul cinema, Cantando sotto la pioggia di Stanley Donen. Se Kelly rinnegava però a parole quello che l’immagine rivelava spudorata (il celebre flashback che ripercorre le tappe di una carriera vaudeville) l’Oscar Diggs di Raimi già nel prologo in bianco e nero e 4/3 non tace la sua vera natura né di fronte al pubblico che ne smaschera i trucchi né guardando negli occhi la donna che ama: "Non voglio essere un brav’uomo ma un grand’uomo", le sussurra aggiustando lo zootropio, rimettendo in azione la macchina dei sogni.

Il mondo quotidiano è troppo grigio per il mago/cineasta, che ha bisogno di un formato espanso, di colori brillanti e dell’esperienza sensoriale completa della tridimensionalità per poter sopravvivere. La Oz di Raimi diventa allora un manifesto programmatico e assolutamente privato e autobiografico di un autore ancora totalmente avvinto dalla magia del cinema, dal suo potenziale ludico, in cui il regista affonda con visibile piacere e un afflato romantico talmente incontenibile da richiedere tre muse, senza riuscire a celare il vero amore: quello per l’immagine e il dispositivo, che diventa protagonista assoluto della seconda parte del film.

Oz è il grande set hollywoodiano che Raimi ha inseguito lungo tutta la sua carriera, dagli esperimenti horror degli esordi - c’è forse un genere che fonda meglio sperimentazione linguistica e divertimento? - fino alla consacrazione nel blockbuster di Spiderman, che gli consegna quelle scarpette rosse con cui non sembra certo voler far ritorno a casa.

Del resto, a differenza di altri (come ad esempio Burton), non sembra essersi mai smarrito. Neanche le concessioni al marchio Disney, le aperture aliceinwonderiane che pure Il grande e potente Oz mostra qua e là, nella confezione edulcorata e nei momenti ironico/distensivi, riescono a distogliere dal discorso raimiano, che avanza sicuro, "come un treno nella notte", avrebbe detto un immenso cineasta a cui l’amore per il cinema ha salvato la vita.

Ed ecco che, una volta archiviato il plot, colmati gli affettuosi debiti nei confronti del capolavoro di Fleming del ’39, mai tradito o rinnegato ma fatto rivivere negli snodi e nelle figure centrali, Raimi può finalmente celebrare la sua musa che si libra nella Città di Smeraldo sconfiggendo la magia di Evanora e Theodora: l’immagine. Franco/Digg ’muore’ per diventare pura luce, che nessun incantesimo o sortilegio è in grado di distruggere.
Il suo volto evanescente sovrasta i nemici come quello di celluloide della Shoshanna di Bastardi senza gloria. L’immagine resiste al tempo ("Time, time, time" ripeteva anche il piccolo Hugo Cabret) ma Raimi non ha bisogno di scriverlo in una battuta: con la stupefacente libertà che gli consente di tramutare un blockbuster in un appassionato apologo racchiude nel suo Oz passato (Edison, Fleming) e presente (le nuove frontiere del 3D), guardando già inevitabilmente al futuro.


CAST & CREDITS

(Oz The Great and Powerful); Regia: Sam Raimi; sceneggiatura: Mitchell Kapner, David Lindsay-Abaire; fotografia: Peter Deming; montaggio: Bob Murawski; musica: Danny Elfman; interpreti: James Franco, Michelle Williams, Mila Kunis, Rachel Weisz, Zach Braff, Joey King; produzione: Walt Disney Pictures, Roth Films; distribuzione: Walt Disney Pictures; origine: Usa, 2013; durata: 127’; webinfo: Sito Ufficiale


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