Il mai nato
David G. Goyer è il co-sceneggiatore degli ultimi due Batman diretti da Christopher Nolan, ma purtroppo anche il regista di film non certo memorabili come Blade Trinity o Invisible. Il mai nato - The Unborn è il suo quarto lungometraggio, un horror che ha raccolto un po’ ovunque critiche piuttosto negative e che in effetti pare destinato a scivolare via senza lasciare alcun tipo di segno. Il plot è quello classico e stereotipato dell’horror sovrannaturale di ultima generazione, con immancabile sovrabbondanza di omaggi e citazoni ai classici del genere, tanto che si può parlare di una sorta di variazione ebraica di L’esorcista, con qualche eco di film come Ju-On o The Ring (anche qui c’è un filmato maledetto e rivelatore). Protagonista è Casey, interpretata dalla splendida Odette Yustman (già vista al cinema in Cloverfield e in altri piccoli ruoli), una giovane studentessa, orfana di madre, che comincia ad essere tormentata da orribili e incubi e visioni. Alla ricerca di una spiegazione, scoprirà cose terribili sul suo passato e verrà a conoscenza di una spaventosa maledizione. Il rabbino Sendak (un tenace Gary Oldman, l’ultimo ad arrendersi all’evidente sconnessione della sceneggiatura) la aiuterà con un esorcismo assai più complicato e sanguinoso del previsto. La storia è in realtà molto più articolata, ma è bene tacere sui continui colpi di scena, per la verità sempre molto telefonati, che costituiscono però l’unica giustificazione per una visione anche solo vagamente appassionata del film. Per il resto, la direzione di Goyer accumula stereotipi in maniera disordinata, senza servirsene mai con intelligenza, senza mai prodursi in un guizzo che possa regalare al film uno spunto o che lo trasformi in qualcosa di più della semplice storia che racconta. Sul piano visivo, Goyer e il direttore della fotografia James Hawkinson, scelgono di puntare su toni gelidi e cupi, sottolineati anche dal clima invernale che avvolge la vicenda, ma non riescono neanche per un momento a trasmettere un adeguato senso di inquietudine metafisica, non trovano mai degli appropriati correlativi oggettivi dell’orrore cabalistico che pemea il film, ricorrendo spesso a scontate inquadrature aeree dei sobborghi di Chicago, città in cui il film è ambientato, come a sottolineare, con poca forza, la presenza di una minaccia incombente e soverchiante. Il meccanismo in cui però si intrappola ben presto Il mai nato è quello del “fallo di confusione”, spesso utilizzato dagli horror meno ispirati degli ultimi anni, che data l’incapacità di lavorare sulle atmosfere si accartocciano su colpi violenti di volume che stordiscono lo spettatore, su urla lancinanti ripetute ossessivamente, sulla macchina a mano che possibilmente disintegri l’effettiva intelligibilità delle sequenze. Sprecate anche le poche idee buone, se non originali, dello script. Il Dybbuk, demone ebraico che passa, come un virus, di corpo e in corpo e si nutre della paura delle sue stesse vittime avrebbe forse meritato un impianto simbolico più importante e una dimensione visiva più appropriata, mentre il rimando ad Auschwitz, alla storia, all’orrore degli esperimenti sugli occhi dei nazisti, intavola un discorso sulla perdita della centralità dello sguardo nell’horror contemporaneo che viene colpevolmente e malamente lasciato cadere.
(The Unborn); Regia: David G. Goyer; sceneggiatura: David G. Goyer; fotografia: James Hawkinson; montaggio: Jeff betancourt; musica: Ramin Djawadi; interpreti: Odette Yustman (Casey Beldon), Gary Oldman (Rabbino Sendak), Meagan Good (Romy), Jane Alexander (Sofi Kozma); produzione: Rogue Pictures; distribuzione: Rogue Pictures; origine: Usa, 2009; durata: 87’