IL MERCANTE DI PIETRE

“Non tutti i musulmani sono terroristi, ma è un fatto che quasi tutti i terroristi sono musulmani”. La frase, pronunciata da uno dei protagonisti de Il Mercante di Pietra di Renzo Martinelli, esemplifica in modo assai efficace l’ideologia, neanche troppo celata, che si trova alla base del film liberamente tratto dal romanzo Ricorda di Dimenticarla di Corrado Calabrò.
Sforzandoci di mettere temporaneamente di lato la durezza ed il totalitarismo di un messaggio che con troppa facilità rischia di divenire manifesto ideologico, iniziamo con il dire che il film non convince proprio sotto l’aspetto cinematografico. Martinelli è regista che si è spesso saputo accostare a temi di chiara rilevanza politica e sociale (Vajont - La diga del disonore) in modo sempre personale e anche apprezzabile (Piazza delle Cinque Lune), coniugando spesso elementi di genere a fattori di vera e propria denuncia.
Pur essendo ben visibili soluzioni estetiche e formali caratterizzanti lo stile del regista, questa volta, però, viene meno la coesione narrativa. Il racconto, infatti, procede privo di una scansione lineare e verosimile degli eventi. A fronte di una prima parte, dunque, eccessivamente pedissequa in cui la storia invece di evolversi sembra compiere innumerevoli spirali su se stessa, la seconda vede precipitare gli eventi in modo confuso e, in alcuni casi, privo di chiare motivazioni.
La sceneggiatura avrebbe tratto probabilmente giovamento da minore retorica e maggiore incisività. Spesso, infatti, si ha la sensazione che troppo ci si dilunghi in dialoghi piuttosto scontati e di scarso valore all’interno del film per relegare, al contrario, a poche battute, spesso anche non troppo ben scritte, gli interventi che dovrebbero essere chiarificatori sia della storia sia del messaggio che si vuole supportare. Il giornalista - docente, che ha perso le gambe durante l’attentato all’ambasciata americana di Nairobi del 1998, finisce, quindi, con l’incarnare la figura di un uomo ossessionato dall’Islam piuttosto che quella di uno studioso, andando ad intaccare il peso specifico del personaggio che avrebbe dovuto rappresentare il lucido monito del mondo occidentale davanti alla minaccia islamica.
La storia d’amore che lega il mercante di pietre (Harvey Keitel) a Leda (Jane March), poi, manca di sufficiente spessore, sembrando, quindi, svilupparsi con una velocità che certo non contribuisce a rendere credibile il procedere della narrazione. Vengono, in pratica, a mancare i presupposti necessari per la chiara esposizione e rappresentazione dei fatti.
Il personaggio di Keitel, che francamente si lascia preferire in interpretazioni di maggiore intensità, è ben lontano dal mostrare in modo chiaro la dilaniante lacerazione che invece dovrebbe possedere. I suoi interventi e le sue parole risultano essere più una forzata giustificazione di quello che è chiamato a rappresentare nell’ottica dell’autore, che emanazione e simboli di un’autonomia basilare per la sua credibilità.
L’impressione generale è che il film sia un grido arrabbiato, un invito ad abbracciare le armi, mascherato dietro una storia d’amore solamente accennata e mai realmente raccontata, ma che, mancando di effettiva compiutezza, concettuale ancora prima che formale, diventi una mera quanto qualunquistica accusa al mondo islamico.
Regia: Renzo Martinelli; soggetto: Renzo Martinelli e Corrado Calabrò dal suo romanzo Ricorda di Dimenticarla; sceneggiatura: Fabio Campus, Renzo Martinelli; fotografia: Blasco Giurato; effetti: Marcello Buffa; musica: Pivio & Aldo de Scalzi; scenografia: Andrea Faini; costumi: Silvia Nebiolo; interpreti: Harvey Keitel (Ludovico Vicedomini), Jordi Mollà (Alceo Rondini), Jane March (Leda), F.Murray Abraham (Shahid); produzione: Renzo Martinelli per Martinelli Film Company, Creative Partners, Medusa; distribuzione: Medusa; origine: Italia; durata: 107’; web info: www.ilmercantedipietre.it
