Il mistero delle pagine perdute

Giacchetta di pelle sgualcita, cappello polveroso e fedele frusta al fianco. Un solo volto, quello di Harrison Ford, e un solo nome, Indiana Jones. Per anni chiunque cercasse di figurarsi l’immagine di un archeologo nella mente, cinematograficamente (e non solo) parlando, non poteva che pensare al mitico personaggio creato da George Lucas e Steven Spielberg. Poi arrivò il 2004 e sugli schermi di tutto il pianeta fecero irruzione Ben Gates (Nicolas Cage) e la sua ciurma di cercatori di tesori nascosti, griffati dalla testa ai piedi e muniti di una miriade di costosissimi giocattoli ultratecnologici, capaci di aiutarli a risolvere nel giro di pochissimo tempo, misteri che i secoli avevano nascosto e reso leggende metropolitane. Eroi a metà tra l’Ethan Hunt di Mission Impossible e James Bond, sempre pronti all’azione, alla battuta e alle gag stile Arma Letale. Il mistero delle pagine perdute, seconda puntata di quella che con molta probabilità sarà una trilogia sui tesori nascosti nei più famosi monumenti del Nord America (questa volta il celebre Monte Rushmore), presenta, però, diverse pecche rispetto al primo capitolo, che pur essendo un film di puro intrattenimento e nonostante non riuscisse a reggere il confronto con il suo illustre predecessore, riusciva a catturare l’attenzione e a rendere piacevoli due ore, vissute tra esplosioni e reperti celati dietro indovinelli e rompicapo vari. Qui invece il regista Jon Turteltaub, non riesce sempre a tenere un buon ritmo e a volte le scene d’azione sembrano confuse, peculiarità questa che oggigiorno è facile riscontrare in molti film d’avventura, facendo risultare la pellicola una sorta di remake meno riuscito della prima. Le situazioni sono abbastanza prevedibili e spesso gli indovinelli vengono risolti in maniera troppo frettolosa e banale, facendo calare la suspense nello spettatore e finendo per far scivolare il film nella noia e nella ripetitività più totale, non giustificando le due ore e passa della sua durata. Le musiche di Trevor Rabin, inoltre, non aiutano molto, come spesso accade nei film prodotti da Jerry Bruckheimer, l’azione; troppe fanfare, troppa confusione e, soprattutto, onnipresenti, finiscono per infastidire e distrarre. Irritante poi, la figura del presidente degli Stati Uniti, appassionato di archeologia e dal cuore d’oro, il cui intervento risulterà fondamentale per la riuscita della missione. Detto ciò, va anche riconosciuto che il cast è ben affiatato e visibilmente divertito dalle situazioni in cui si ritrovano, dando vita ad alcuni momenti piacevoli (quasi tutti quelli in cui è in scena la bravissima Helen Mirren) e ad alcune sequenze assai riuscite, come lo spettacolare inseguimento che si svolge per le vie di Londra. Un film tutto sommato divertente, che sicuramente non dispiacerà ai più giovani, nell’attesa del ventitre maggio 2008, data di uscita del quarto capitolo sul mitico professor Jones.
(National Treasure: Book of Secrets); Regia: Jon Turteltaub; sceneggiatura: Cormac Wibberley, Marianne Wibberley; fotografia: Amir Mokri, John Schwartzman; montaggio: William Goldenberg, David Rennie; musica: Trevor Rabin; interpreti: Nicolas Cage (Ben Gates), Diane Kruger (Abigail Chase), Jon Voight (Patrick Gates), Ed Harris (Jeb Wilkinson), Helen Mirren (Emily Appleton), Harvey Keitel (Sadusky), Bruce Greenwood (Presidente degli Stati Uniti), Alicia Coppola (Agente Spellman); produzione: Jerry Bruckheimer; distribuzione: Walt Disney Pictures; origine: USA 2007; durata: 126’.
