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Il piacere e l’amore

Pubblicato il 20 aprile 2007 da Andrea Esposito


Il piacere e l'amore

L’amore come un’atmosfera. Un legame che segue il ritmo delle stagioni, che cambia, si evolve. Climates racconta la storia di due amanti - interpretati dallo stesso Nuri Bilge Ceylan e dalla moglie Ebru - che si perdono e si ritrovano, si riavvicinano, si allontanano ancora. Il film racconta la storia di questo inseguimento, di questo impossibile ritrovarsi.
All’inizio il clima è quello estivo di una spiaggia assolata. Lui, Isa, dice a Bahar che è arrivato il momento di lasciarsi. Da quel momento lei scompare dalla storia e seguiamo soltanto Isa nella sua vita quotidiana. Lui tenterà di avere un’altra storia ma poi deciderà di tornare da Bahar. Si incontreranno ancora tra le nevi dei monti dove lei sta lavorando, e nel finale dovranno decidere se fuggirsi ancora o ritrovarsi.

Si capisce relativamente presto che l’intento di Ceylan non è quello di raccontare una semplice storia d’amore, ma piuttosto di tratteggiare la dinamica di un bisogno, il malessere interiore di un uomo. Per fare questo Ceylan sceglie la strada del realismo: i dialoghi colloquiali sono quelli che potrebbe aver fatto o sentito ciascuno di noi nella vita, vivendo una situazione del genere.
Ceylan vuole osservare il dramma interiore dei protagonisti della storia, e fa questo consegnandoci solo delle lunghe - a tratti intense - espressioni del volto dei personaggi; non sorrette da un’analisi profonda della psiche dei personaggi, esse testimoniano prima di tutto l’incomunicabilità di quel bisogno intimo. Un’interiorità negata. Quest’esibizione impossibile dei sentimenti prosegue anche nelle altre inquadrature. Persiste uno spazio vuoto che separa lo spettatore dall’azione. C’è una divisione piuttosto netta tra primi piani e campi medi: ai primi piani è affidata la drammaticità negata di cui sopra; dall’altra parte nella disposizione dei corpi osserviamo la volontà di una distanza. Le figure restano lontane dallo spettatore, specialmente quando sviluppano tra di loro una relazione. Come nell’intensa scena del rapporto sessuale tra Isa e la ragazza del suo amico: la telecamera fissa riprende a distanza l’intrecciarsi dei corpi. Senza avvicinarsi, senza trasporto, come un’analisi clinica della situazione.
Oppure quando Isa e Bahar si trovano sulla spiaggia. Lui ha intenzione di lasciarla. Lo vediamo di schiena, che guarda il mare mentre lei fa il bagno. Le figure sembrano irrimediabilmente distanti. Il distacco fisico corrisponde così a quello emotivo.
Solo più avanti nel film, quando Isa e Bahar si incontrano nella stanza d’albergo, i corpi sono vicini. Particolare per particolare. La bocca di lui tra i capelli di lei, il profilo sfocato di uno e le mani dell’altro. Ma tutto è immerso in una stasi pigra che sa in qualche modo di sconfitta e perdita. Ancora, anche se finalmente così vicini, i corpi dei due non riescono a unirsi e toccarsi veramente.
In virtù di questo stile il film riesce a creare un’atmosfera interessante di falso benessere, ravvisabile anche nella scelta degli ambienti e delle luci, come nella spiaggia assolata dell’inizio che sarà lo scenario dell’addio tra i due. Unito a quel distacco dalle situazioni di cui parlavamo prima, l’atmosfera (come nella casa della ragazza dell’amico) diventa davvero falsamente accogliente.
Il film stesso sembra però vittima di quest’incomunicabilità di fondo. Precludendoci l’interno dei personaggi e affidando la portata drammatica della storia solo alla forza delle loro espressioni, finisce per offrirci comportamenti schematici e passaggi della storia a tratti scontati. La pecca di una sceneggiatura lineare e mai avvincente si sente a più riprese. Assistiamo soltanto alla superficie della storia, l’esterno delle cose. Ceylan si sforza comunque di sottrarsi da certi percorsi un po’ logori e da simboli abusati (come l’espediente del carillon, che accenna soltanto), ma non riesce a strutturare il suo discorso in una maniera inedita e profonda.
Lo stile del film (che dovrebbe essere il suo principale pregio) esprime così il suo primo difetto. Proprio per la barriera che pone, Climates si presenta in parte come un’opera monca, incapace sia di trasportarci nella storia, sia di restituire il dramma interiore dei personaggi. Perché alla fine, quello che racconta davvero è solo la dinamica di una storia d’amore. Quello in fin dei conti è ciò che si vede davvero, dall’inizio alla fine del film.


CAST & CREDITS

(Iklimer) Regia e sceneggiatura: Nuri Bilge Ceylan; fotografia: Gökhan Tiryaki; montaggio: Ayhan Ergürsel, Nuri Bilge Ceylan; interpreti: Ebru Ceylan (Bahar), Nuri Bilge Ceylan (Isa), Nazan Kesal (Serap), Mehmet Eryýlmaz (Mehmet), Arif Aþçý (Arif), Can Özbatur (Güven);produzione: Zeynep Özbatur; origine: Turchia, 2006; durata: 101’; web info


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