Il regno delle carte
Tratto dal dramma musicale di Rabindranath Tagore, Il regno delle carte si rivela, stilisticamente parlando, tra i film più interessanti e visionari della sezione CinamaXXI di questa settima edizione del festival Romano. In un regno fantastico, il principe e il suo amico, ancora bambini, giocano a ping pong. Il loro è uno scambio continuo, eterno, senza accelerazioni, a tratti estremamente annoiato, fin quando il principe, ormai ragazzo, decide di interrompere la monotonia di quello scambio. Viene conquistato dal desiderio di libertà. Il principe ora vuole essere libero e scappare dalla prigione d’orata in cui, insieme al suo amico, è cresciuto senza problemi materiali né libertà.
Il regno delle carte è la meta del suo approdo ma non è quello che il giovane si aspettava. Lo scenario che il principe si trova a combattere è un mondo in cui resiste solo l’ordine, la sottomissione al potere, la disumanizzazione e la totale assenza di libertà individuale, ma il vento di cambiamento che porta con sé è destinato a travolgere tutto, trasformando una società militare nella società dell’amore. Il disagio del giovane principe è espresso attraverso le incursioni musicali dell’opera, tanto care al cinema indiano, ma soprattutto grazie ad un montaggio turbolento, interrotto, estremamente frammentato e frenetico. Le immagini che il regista Kaushik Mukherjee crea evocano stati d’animo confusionali, claustrofobici, che sembrano addirittura richiamare il cinema più sperimentale di David Lynch. Un lavoro evidente si nota nel missaggio audio della prima parte del film, che tende a sottolineare in maniera disturbante ogni singolo stacco di montaggio, immergendo lo spettatore nello stesso disagio del protagonista. Tutto ciò è destinato a finire con la fuga del giovane principe dal suo regno.
Giunti i personaggi su una spiaggia da sogno, lo stile del film diventa invasivo ma rigoroso, quando il principe si scontra con l’esercito di questa strana società, e addirittura armonioso ed elegante quando i militari, “le carte” appunto, iniziano a lasciarsi andare alla libertà e all’amore per la natura. È come se il film subisse una redenzione insieme ai suoi personaggi, passando dalla claustrofobia Lynchiana all’armonia alla Terence Malick. Il regno delle carte è un film di contrasti, di linee di confine, tra l’ordine e la passione, il bianco e nero di una vita senza sentimenti e il colore sgargiante della libertà, tra “i ritmi sincopati” della vita di corte e i ritmi liberi dell’amore. Anche se alcuni momenti risultano eccessivamente ridondanti ed eccessivi, Il regno delle carte può considerarsi in definitiva, un opera interessante dal punto di vista estetico pur trattando, oggettivamente, i temi più antichi del mondo.
(Tasher Desh); Regia: Kaushik Mukherjee (Q); sceneggiatura:Kaushik Mukherjee ; fotografia: Manuel Dacosse; montaggio: Rajarshi Basu, Nikon; musica: Miti Adhikari; interpreti:Tillotama Shome, Soumyak Kanti De Biswas; produzione: Overdose; origine:India, 2012; durata: 114’