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Il segreto di Esma - Grbavica

Pubblicato il 27 ottobre 2006 da Andrea Esposito


Il segreto di Esma - Grbavica

Grbavica è un quartiere di Sarajevo, dove vivono Esma e sua figlia Sara, di 12 anni. Sara è nata da uno stupro etnico subito dalla madre quando si trovava in un campo profughi durante la guerra. Ma Sara è convinta che suo padre sia un eroe di guerra, un martire. Giorno dopo giorno, per Esma è sempre più difficile nascondere il segreto a sua figlia, e si avvicina il momento in cui sarà costretta a svelarle la verità.

All’inizio del film vediamo un gruppo di donne sedute in raccoglimento, tutte con gli occhi chiusi. Sono le donne di un centro di assistenza per vittime di stupri etnici (circa 20.000 donne sono state violentate in Bosnia durante il conflitto, secondo le stime delle Nazioni Unite). Esma è tra loro, ma non parla mai, non racconta a nessuno la sua storia. Va al centro solo per ricevere l’esiguo assegno di assistenza del governo. Perché Esma, da sola, deve mantenere lei e Sara, deve affrontare i problemi della quotidianità più immediata, arrivare a fine mese, pagare la gita della figlia. Ed è proprio un evento come questo che costringe Esma davanti alla verità; l’efficacia del linguaggio di Grbavica sta appunto nella capacità di parlare di una realtà intima e dolorosa attraverso un sincero realismo, raccontando la vita di tutti i giorni, l’ordinaria concretezza del lavoro, della scuola, delle amicizie. E in questo modo risalta in maniera più drammatica il contrasto tra la routine di Esma e la sua esistenza interiore, scavata tutt’intorno al suo segreto. L’esperienza dello stupro (mai mostrato) riaffiora continuamente sulla superficie della quotidianità: è la paura che la raggela quando per gioco la figlia le blocca i polsi, è il disgusto per un uomo sull’autobus, è l’ossessione di riconoscere i suoi violentatori nella gente che incontra. Il complice, impunito, sta tranquillamente gomito a gomito con la sua vittima. E questa è forse la più grande tragedia di Esma, quella dolorosa constatazione di impotenza che la costringe all’invisibilità.
Una regia rispettosa valorizza il silenzio e i dialoghi che compongono questa realtà stratificata. Si sceglie di affrontare un tema così drammatico in modo asciutto, vero, senza accentuare ulteriormente la crudeltà della condizione di Esma.

Il destino di Esma è quello della Bosnia, che quotidianamente affronta e rimuove la sua storia. La guerra è il passato con cui le persone accanto ad Esma devono fare i conti. Come Pelda, che cerca il corpo di suo padre negli obitori, quando vengono aperte le fosse comuni che tuttora vengono scoperte. O sua madre, convinta di trovarsi ancora in guerra.
Se la guerra è il passato, il futuro è la speranza di andarsene via. Cercare altrove una nuova identità, lontano dai fantasmi e dalle macerie che persistono sul volto di Sarajevo.
E’ proprio in un palazzo in rovina che Sara e Samir vivono la loro storia d’amore. Due adolescenti che possono vivere senza il peso di un passato che non hanno vissuto. E’ per salvare la figlia da quel peso ingiustificato, ingestibile, che Esma non racconta a Sara che anche lei è frutto dell’abominio della guerra.
Esma si ritrova così a vivere una sorta di eterno presente: rimuove il suo passato che non è passato, perché torna a tormentarla, e non ha la prospettiva di un futuro che sia libero da quella ferita interiore.

Ma si affaccia di nuovo nel tessuto quotidiano un destino di violenza, una guerra che non finisce e si presenta sotto nuove forme. E’ a questo punto che si renderà necessario per Esma affrontare la sua tragedia personale, nella bellissima scena della “resa dei conti” con la figlia. Come nello splendido e raggelante La vita segreta delle parole (anch’esso patrocinato da Amnesty International), un silenzio mantenuto a lungo, impenetrabile, si schiude in una confessione quasi catartica. Se là era lunga e dolorosa, in Grbavica è rabbiosa, immediata, uno sfogo necessario e puro nella sua verità inappellabile. Dopo la confessione, si rompe l’eterno presente. Ora, chi conosce la verità deve, come Esma, conviverci e trovare il modo di affrontarla.

(Grbavica) Regia: Jasmila Zbanic; soggetto: Barbara Albert; sceneggiatura: Jasmila Zbanic; fotografia: Christine A. Maier; montaggio: Niki Mossbock; musiche: Enes Zlatar; scenografie: Kemal Hrustanovic; costumi: Lejla Hodzic; interpreti: Mirjana Karanovic (Esma), Luna (Mijovic), Leon Lucev (Pelda), Kenan Catic (Samir); produzione: COOP99 FILMPRODUKTION, DEBLOKADA FILMPRODUCTION, NOIRFILM FILMPRODUKTION, JADRAN; distribuzione: Istituto Luce; origine: Austria, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Germania 2005; durata: 90’

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