Il soffio dell’anima

Alcuni minuti, i primi cinque: una corsa in tuta di un giovane uomo, un allenamento per niente frenetico, quasi pensoso, sicuro di sé, passi che sembrano dirigersi verso un traguardo ben preciso. E, insieme, ricordi che scorrono nella mente e sullo schermo, più veloci e frenetici di quei passi, altrettanto pieni di dignità, ma con in più un dolore manifesto: quello della degenza di un bambino, di una operazione che scopriremo inutile, avendo lasciato quel corpicino costretto a crescere e convivere con la dialisi per il resto dei suoi giorni. Immagini che corrono assieme alla musica, frasi pronunciate senza bisogno di appoggiarsi alle parole, fianco a fianco per rappresentare il movimento contrapposto alla stasi forzata, per segnare una strada, una possibilità di ri-trovare la fierezza quando il corpo non permette di vivere pienamente la propria esistenza. È ben presente, in questi riusciti istanti, il segno principale de Il soffio dell’anima di Victor Rambaldi, liberamente ispiratosi al romanzo omonimo di Valentina Lippi Bruni: un contrasto dialettico tra mondi, nel tentativo forse di trovare una difficile sintesi.
Perché Alex (Flavio Montrucchio), giunto ormai intorno ai trent’anni, è riuscito a crearsi un proprio spazio all’interno della malattia, cercando di tenerla sotto controllo, sperando che questa non prenda il sopravvento sul suo destino: frequenta una palestra, si allena nelle arti marziali, lavora, legge difficili testi di filosofia orientale; e va in ospedale tre volte la settimana per sottoporsi alla dialisi. Mentre lui, un corpo e un essere, si trova in mezzo a una scissione nella sua famiglia, figlio unico di due persone che procedono verso la terza età, amandolo e proteggendolo in modi diversi: la madre con una pacata comprensione, il padre con la rabbia di chi vede il proprio ragazzo rischiare la vita a causa di una ossessione. Tipo schivo e un po’ solitario, Alex in ospedale conoscerà Luna (Lucrezia Piaggio), figlia di una paziente anche lei in dialisi. Grazie all’intervento di un infermiere loro amico, i due cominceranno a frequentarsi. Mentre un amore crescerà, Alex come in una fiaba incontrerà la misteriosa cinese Tai Ping, protagonista di tanti suoi sogni, che per lui diventerà una guida spirituale, aiutandolo anche nel perfezionare una sua tecnica, che ha nominato ’Il soffio dell’anima’.
«Chi batte un avversario è forte, chi vince se stesso è veramente potente»: sono queste le parole in calce a un poster che fa mostra di sé nella camera che il ragazzo ha adibito a sua palestra personale, sottolineando ancor più il senso profondo del film, ossia l’incontro tra il sé e l’altro, tra la finitezza del corpo e l’illimitatezza della mente, tra la solitudine personale e l’armonia della coppia, tra l’egoismo e l’amore, sentimenti che possono essere rivolti verso sé stessi come contro in direzione del prossimo. Tale senso generale, però, si dibatte fra alti e bassi, costringendo il corpo unico del film a rimanere stritolato nella scarsa profondità di campo psicologico che caratterizza la pellicola. Perché per questa via si fanno largo i limiti dalle scrittura letteraria di Victor Rambaldi, in particolare per quello che riguarda la descrizione delle figure di contorno, sopra tutte quella di Nico (imbarazzante la prova di Raffaello Balzo), completamente avverso ad Alex, non un personaggio vero e proprio, ma una metafora di quella parte di società che odia i ’diversi’: spocchioso e violento, ama farsi accompagnare da ragazze di una bellezza alquanto volgare (opposta al biondo candore di Luna) e compare in scena come se fosse un fantasma mai annunciato. Inoltre sono il più delle volte scontati e anche fastidiosi gli interventi comici di Dario Ballantini, nei panni di Enzo, fraterno amico di Alex. Solo il protagonista esce indenne dall’operazione, grazie a un Flavio Montrucchio (qui al suo esordio cinematografico, dopo anni di fiction televisiva seguita al suo successo nel Grande Fratello del 2001) che comunque funziona e riesce a creare una certa empatia, malgrado una certe superficialità e ingenuità dell’insieme.
Mentre Rambaldi, piuttosto, si trova molto più a suo agio dinanzi all’aspetto più propriamente visivo del film, nonostante una esibita povertà di mezzi, la quale però non gli impedisce di mettere a segno qualche spunto anche interessante, a tratti riuscendo nel restituire l’incontrarsi e il sovrapporsi delle due dimensioni spazio-temporali della fiaba e della fantasia più magica - poiché Il soffio dell’anima non si lascia quasi minimamente toccare dal realismo, essendo un lungo sogno che si distende fra due mondi complanari - con una efficacia superiore a tante e inutili parole.
(id.); Regia: Victor Rambaldi; sceneggiatura: Victor Rambaldi dall’omonimo romanzo di Valentina Lippi Bruni; fotografia: Luca Santini; montaggio: Franco Carrozzino; musica: Andrea Felli; interpreti: Flavio Montrucchio (Alex), Lucrezia Piaggio (Luna), Yang Yu Lin (Tai Ping), Dario Ballantini (Enzo), Raffaello Balzo (Nico); produzione: Luna Film Productions, Poker Film; distribuzione: Iris Film; origine: Italia, 2008; durata: 111’; web info: sito ufficiale.
