Il soffio dell’anima (Conferenza stampa)

Ci troviamo nella Casa del Cinema di Villa Borghese a Roma, per la presentazione del film Il soffio dell’anima. Terminata la proiezione, di fronte a noi si accomodano il regista Victor Rambaldi, gli interpreti Flavio Montrucchio, Lucrezia Piaggio e Dario Ballantini, Valentina Lippi Bruni (autrice del romanzo da cui il film è tratto, nonché produttrice dello stesso), oltre che le coproduttrici della pellicola e Christian Lelli, fondatore della casa di distribuzione ’Iris Film’.
Praticamente si tratta del suo primo lungometraggio in Italia? È un ritorno, lascerà Los Angeles...?
V. Rambaldi. Sì, diciamo che io vado un po’ avanti e indietro. A parte il fatto che chiaramente sono italiano, mi ha fatto particolarmente piacere ritornare nella mia terra d’origine, ossia l’Emilia: è stato particolarmente emozionante, perché non vi tornavo da una trentina d’anni. Per cui riscoprire quei posti, l’odore del gelso, mi ha ricordato quando da bambino andavo in vacanza dai nonni. E mi è piaciuto moltissimo anche riscoprire l’aspetto dialettale di quei luoghi, la luce particolare che ricordavo, per cui è stato particolarmente piacevole riscoprire un pochino le mie origini. E Imola è la città natale di Valentina e di Silvio: la loro storia nasce lì e quindi mi sembrava assolutamente giusto girarla a Imola.
Avete girato in HD?
V. Rambaldi. No, no: Super 16, alla vecchia maniera. Super 16 e poi, con un processo fotografico particolare, è esploso – come si dice in gergo – a Super 35 anamorfico, per cui lo vedete a schermo pieno. Si è
trattato, diciamo, di una sfida tecnica. So che sono stati compiuti dei passi da gigante nell’alta definizione video e che ormai si viaggia verso il matrimonio tra digitale e pellicola, però ritengo che il colore, il fascino della pellicola e anche la sua grana siano più adatti a raccontare una storia per lo schermo. Il digitale è iperrealistico e quindi credo che tolga molto al fascino ’fiabesco’, tra virgolette, di qualsiasi storia, se non interviene poi nel processo creativo anche la pellicola. Quindi, finché si può, mi auguro di poter continuare a utilizzare quest’ultima il più possibile.
Di chi è la colonna sonora?
V. Rambaldi. Di Andrea Felli, un giovane musicista di Rimini; in questo caso Christine Joan Johnson è la cantante che ha collaborato con lui. È la prima volta che lavoro con lui e mi sono trovato molto bene, perché Andrea è un musicista estremamente sensibile. Nel caso di una storia del genere sarebbe stato molto facile, cosa che ha riguardato anche me, cadere in uno score un pochino melodrammatico, dato il soggetto: invece lui ha saputo mantenere le redini in pugno, almeno crediamo.
È stato un rapporto che vorrei rinnovare anche in un futuro progetto. Purtroppo oggi non è potuto essere qui fra noi.
Avrei una domanda per Flavio: potresti raccontarci di questo debutto nel cinema, dopo che hai lavorato in un mediometraggio, e l’esperienza di questo personaggio.
F. Montrucchio Si è trattato di una esperienza particolare perché, quando ho letto la sceneggiatura, non credevo di poter fare questo ruolo, soprattutto dopo aver conosciuto Silvio (ossia Alex nella finzione), perché così distante da come sono io nella vita, anche fisicamente. Ma anche come persona, perché io ho avuto la fortuna di stare bene, di non avere mai avuto malattie, sono stato fortunato in tutti i sensi, anche nel lavoro. Conoscendolo, invece, mi ha dato la forza e la volontà di fare questo personaggio principalmente per lui, perché vedevo dentro Silvio e dentro sua moglie la volontà di raccontare questa storia a tutti, come messaggio di speranza e di forza. Inoltre sono le scommesse difficili quelle che mi affascinano di più: già avevo intrapreso poco prima quella del teatro, come in Grease dove dovevo cantare e ballare.
Ho affrontato questa sfida fornendo ovviamente la mia versione, dando più attenzione alla parte interiore di Silvio piuttosto che a quella
esteriore, ossia le arti marziali: per me lui poteva anche giocare a ping-pong o tirare di scherma, tanto non è che io avessi l’ambizione di fare Bruce Lee, non essendone capace. Quindi ho preferito prestare attenzione ad altri aspetti che ho visto in Silvio, convivendo con lui anche per qualche tempo. È stato un lavoro particolare che sicuramente, però, arricchisce molto.
Credo che, alla fine, l’unica mia scommessa è stata quella di risultare credibile: avendo una fisicità che apparentemente non dimostra alcuna malattia, non avendo provato esperienze del genere, se qualcuno alla fine del film dirà ’Ci credo che questo ragazzo ha avuto quei problemi’ per me vorrebbe dire che la mia interpretazione è riuscita.
Avete operato dei cambiamenti rispetto al libro di Valentina Lippi Bruni?
V. Rambaldi. Devo dire che, appena letto il libro, mi ha colpito il suo livello emozionale, la forza del racconto, dell’interiorità di questa giovane ragazza (Valentina aveva solo diciassette anni quando scrisse la prima edizione) e quindi si trattava di una cascata di emozioni che lei ha utilizzato per descrivere la storia, visto che si tratta soprattutto di una vicenda d’amore.
Però questo non bastava, come chi fa cinema sa perfettamente: bisognava tradurlo in un racconto, in una trama. Per cui mi sono avventurato in una sorta di scaletta dove ho cercato di raccogliere i punti fondamentali per dare vita a una struttura cinematografica. Devo dire che fin dall’inizio Valentina ed io eravamo abbastanza d’accordo su come era venuto il tutto, operando dei cambiamenti rispetto al romanzo. Come è accaduto nel caso del personaggio di Enzo interpretato da Ballantini: era già presente nel libro, ma non ricopriva il ruolo che poi Dario ha sapientemente tradotto nella sua interpretazione, perché ci siamo resi conto che vi era il pericolo che la storia diventasse un po’ troppo drammatica, per cui abbiamo preferito inserire un po’ di leggerezza.
V. Lippi Bruni. Quando io ho scritto il libro, giovanissima, l’ho fatto più per divertimento e per condividere una bella esperienza con Silvio: lo abbiamo fatto insieme, nelle ore notturne, rafforzando ancora di più il nostro rapporto. Ovviamente lo abbiamo fatto con molto trasporto e sentimento, al di là di qualunque che potesse essere l’aspetto letterario e cinematografico. Quindi è stato messo il cuore e tutto il desiderio: infatti abbiamo anche realizzato cose che avremmo voluto che accadessero, tipo una guarigione di Silvio, che nel film non c’è, e non c’è perché, maturando nell’arco degli anni, abbiamo capito che a volte non è indispensabile guarire fisicamente se si guarisce interiormente, accettandosi e vivendo la propria vita con il giusto equilibrio e,
soprattutto, prima amando se stessi e credendo nella possibilità di essere poi riamati anche dagli altri. È per questo che abbiamo dato ascolto a Victor e a chi ci ha consigliato che non tutto quello che era scritto nel libro poteva poi essere trasposto in sala. Ma quello cui teniamo è che appunto arrivi il messaggio di credere comunque per primi in se stessi e di amarsi: Silvio ha cominciato ad amare se stesso, nonostante il problema della dialisi, quando ha scoperto le arti marziali, che sono state un mezzo per poter apprezzare una nuova vita; dopodiché sono arrivata io, sperando di avere contribuito ad aumentare il suo amore per la vita e le cose belle. E anche per questo motivo siamo forse stati incoscienti nel buttarci in un’avventura del genere, coinvolgendo tantissime altre persone che ci hanno poi seguito.
Una delle coproduttrici. Io mi sono innamorata della loro storia il giorno stesso in cui li ho conosciuti a Modena in casa di una comune amica. Ho sposato subito questa storia, proponendomi di cofinanziare Il soffio dell’anima: l’ho fatto perché ci credevo, perché il libro mi aveva dato molto. E loro, due persone straordinarie, mi hanno dato molto: per cui, cofinanziando il film, avrei potuto dimostrare loro quanto li apprezzassi.
Non so se siete stati informati che il 9 marzo abbiamo organizzato un’anteprima sociale del film. Ho conosciuto, pochi giorni fa, un ragazzo non udente che, grazie a delle protesi, riesce comunque ad ascoltare un po’. Gli ho mostrato il trailer, ma lui mi ha confidato di non riuscire a sentire, perché c’erano dei rumori: per cui mi ha chiesto perché di sottotitolarlo. Ed ho il piacere di dire che siamo i primi a sottotitolare un film in uscita, nuovo quindi: i non udenti possono andare, ad esempio, al Mignon o al Metropolitan qui a Roma, dove si proiettano film stranieri sottotitolati in italiano, ma non possono disporre di una sottotitolatura adatta a loro, ossia realizzata con caratteri di colori diversi, necessari per distinguere tra loro i vari personaggi. Inoltre il ricavato della serata del 9 andrà a beneficio dei bambini dell’associazione ’Make-A-Wish Italia’, un’associazione che va alla ricerca di bambini affetti da gravi patologie con un sogno che sperano di poter realizzare.
Lucrezia, potresti parlarci della tua partecipazione al film?
L. Piaggio. È stata una esperienza meravigliosa dal punto di vista professionale e dal punto di vista umano: sono grata di aver potuto lavorare con persone come loro e con Victor che, oltre ad essere un grandissimo regista, è una persona dalla grande sensibilità, che ha saputo dirigerci al meglio. Ho trovato anche degli amici e ho avuto il privilegio di poter trascorrere del tempo con la persona che dovevo interpretare.
Volevo chiedere a Valentina: siccome è molto importante il personaggio della cinese, poiché dà la magia al film, nella realtà che cosa era?
V. Lippi Bruni. Nel racconto Tai Ping era un uomo: è stato Victor a farlo diventare donna. Ed esisteva veramente, perché Silvio ha avuto un maestro per lunghi anni, ovviamente non così come risulta nel film, ma comunque molto somigliante a quello presente nel libro. È quindi una figura che è esistita realmente, anche se in realtà non è servito altro che a far scattare quella scintilla che era dentro Alex, perché la forza di ognuno di noi è nascosta in noi stessi: ci manca quel qualcosa in più necessario per trovare la forza per tirarla fuori.
Ad un certo punto Tai Ping scompare, non è mai esistita; però questa figura è esistita sul serio. Perché allora non avete lasciato alla realtà un personaggio chiave?
V. Rambaldi. Per scelta abbiamo preferito lasciarla misteriosa: è una metafora, rappresenta la forza d’animo di Alex. Abbiamo voluto
lasciare questa sorta di limbo, anche per evitare di riproporre delle scene già viste in passato: sono stati tanti i film nei quali il protagonista risolve una propria particolare drammaturgia attraverso l’aiuto di un’altra persona, vedi Karate Kid. Per noi era più veritiero il messaggio che affermasse che la forza è dentro di te, per cui sei tu responsabile della tua rinascita, senza doverti basare sull’aiuto di qualcun altro. Ecco perché in realtà il personaggio interpretato da Yu Lin esiste e non esiste: è comunque una creazione di Alex, della sua forza, del suo spirito.
V. Lippi Bruni. Qualcuno potrebbe anche pensare di non avere una figura come quella del maestro e che, quindi, di non potercela fare. Non è così, perché ognuno di noi trova nella propria esistenza un qualche cosa che lo può aiutare a far saltare fuori quella forza: nel caso di Silvio è stato il maestro, nel caso di un’altra persona potrebbe essere la musica, la pittura o l’amore per qualcuno. Tutti possiamo superare i problemi, anche se siamo apparentemente soli.
Volevo chiedere al regista del personaggio di Nico, visto che oggi non è presente l’interprete Raffaello Balzo.
V. Rambaldi. Spesso capita nella vita di tutti i giorni di incontrare persone che non provano assolutamente nulla nei confronti di chi è più sfortunato di loro, per cui si pensava che oltre al ’nemico’ che è la malattia in sé, di aggiungere quest’altro elemento. In effetti Nico rappresenta la parte più oscura della società che tratta la persona portatrice di handicap come un essere inferiore. Spesso chi soffre, chi è costretto a essere succube di una macchina tre volte la settimana, non riceve il giusto rispetto.
Signor Lelli, vorrebbe aggiungere qualcosa sul percorso distributivo del film?
Christian Lelli. Noi come distribuzione abbiamo cominciato a lavorare su Il soffio dell’anima da un paio di mesi, un mese e mezzo soprattutto. Dopo l’incontro con Valentina che me lo ha sottoposto e dopo averlo visto, ho notato che effettivamente aveva una forza sociale importante, per cui con gioia ne abbiamo accettato la distribuzione. Distribuzione che si presenta subito come sfida, perché si tratta di un piccolo film indipendente che ha tanta voglia di uscire; però avendo, per l’appunto, collegamenti con i circuiti e le agenzie, siamo riusciti a inserirci in quella che era comunque una data molto molto difficile a livello distributivo. Bisognava rispettarla per un discorso di
contratti, in quanto il film era già stato acquisito dalla Rai e quindi doveva uscire entro il 15 marzo, una delle date meno pensabili, forse anche peggiore del Natale: sapete quanti film stanno uscendo in questo momento? C’è l’Oscar, Berlino, ci sono le uscite pre-pasquali, per cui i cinema sono alquanto intasati. Però, nonostante ciò, siamo riusciti a creare una piattaforma distributiva grazie alla quale il film è presente in tutte le città italiane più importanti, potendo contare su di una promozione idonea a livelli considerevoli: difatti è stato creato un palinsesto significativo attraverso i canali mediatici.
La copia speciale che abbiamo realizzato partirà da Roma il 9 marzo, ma poi ha tutta l’idea di compiere un viaggio parallelo assieme a quello del film: e quanto verrà incassato da questa particolare pellicola, sarà devoluto a ’Make-A-Wish’.
In quante copie verrà distribuito?
Stiamo partendo con una serie di quindici, diciotto copie e intendiamo arrivare fino a venticinque, perché abbiamo già ventotto richieste di città che non sono quelle capo zona: visto che il film tratta un tema che, purtroppo, tocca molte famiglie, è stato richiesto anche in città meno importanti. Per questo motivo ci stiamo attrezzando con gli stabilimenti per un ampliamento anche forte della stampa e dello sviluppo delle copie.
Ma vi è anche un discorso di home-video, poi?
Sì, stiamo parlando appunto con delle realtà riguardo all’home-video: naturalmente, però, con loro, assieme alla produzione, stabiliremo quelli che sono i criteri proprio per sviluppare, se ce ne fosse l’occasione, un dvd fatto apposta con la modalità per non udenti.
Per quanto riguarda la Rai, si è già parlato di una messa in onda?
Si parla comunque di autunno, inverno di quest’anno, penso dicembre: è stato preso da Rai 1 per la prima serata.
