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Impotenti esistenziali

Pubblicato il 20 marzo 2009 da Carmelo Caramagno


Impotenti esistenziali

Un fermo immagine riproduce due individui seduti uno di fronte all’altro, immortalati in un momento che sembra far parte di un’intervista televisiva. Uno lo riconosciamo subito, è Giovanni Brass (al secolo Tinto), ex maestro della commedia erotica italiana, che qui sembra aver assunto le fattezze di un editore bigotto e moralista. L’altro è un tale in completo celeste e calzini a righe fluorescenti, che di mestiere farebbe il demolitore di opinioni altrui. L’ambientazione è fatiscente e dietro di loro si scorge la presenza di alcuni manichini di donne seminude, disposti accanto alle pareti color fucsia. In sovrapposizione a questo fotogramma scorrono degli enormi titoli di testa, accompagnati da un intermezzo musicale in stile carosello, che vengono però bruscamente interrotti dalla ripresa dell’azione. Dopo un breve scambio di battute tra i personaggi riguardante la sessualità, viene nuovamente stoppata l’immagine e ripartono le scritte cubitali insieme all’obsoleto motivetto. Tutto ciò senza curarsi troppo del passaggio tra i vari livelli visivi e sonori. Il procedimento grossolano viene ripetuto. Questo quadro d’apertura evidentemente kitsch, inscenato tra le mura di una casa chiusa simulata, riassume al meglio la forma e la sostanza di un film che presenta numerose lacune, costruito attraverso cinque episodi che vorrebbero esprimere, in chiave comica, un punto di vista esistenziale su temi che toccano la società come la prevenzione sessuale o la paura del diverso e pretenderebbero di sfatare tutti i tabù che caratterizzano il nostro Paese. Parliamo al plurale ma forse è il caso di cambiare numero, soprattutto se il deus ex machina di tutti gli avvenimenti è il sedicente demolitore di opinioni Giuseppe Cirillo, che non perde occasione di farsi riprendere, balzando da un piano all’altro dello schermo in maniera delle volte ostentata. Demiurgo di universo fatto a sua immagine e somiglianza, Cirillo non riesce bene a nascondere il fatto di trovarsi per la prima volta a contatto con la materia filmica e commette alcuni errori sul piano della sintassi, che potrebbero provocare reazioni inusitate negli spettatori. Il discorso prolisso del sessuologo, infatti, diventa sempre più denso e difficile da sostenere. La sua performance assomiglia molto a quella di un moderno affabulatore che cerca di incantare le masse, spingendole ad aderire al Partito degli Impotenti Esistenziali e a destinare l’Otto per mille alla Chiesa Cattolica (come si evince dai manifesti che tappezzano le scuole). Ciò viene ad urtare con le iniziative didattiche atte a sensibilizzare i giovani su questioni importanti riguardanti l’uso del profilattico o il razzismo. A questo proposito appare azzardata una delle soluzioni proposte da Cirillo: anziché ostinarsi a chiamare “di colore” i compagni neri, discriminandoli così sul piano dell’etnia, bisogna invece definirli color “cioccolata” e ribattezzarsi color “albicocca” per evitare qualsiasi accusa razziale. Ma oltre a questi spunti, nel film c’è spazio anche per le battute sopra le righe degli altri personaggi, non sempre accompagnate da un corretto missaggio audio: da Angela Melillo ad Alvaro Vitali, da Antonella Ponziani a Sandra Milo, che abbiamo vista negli ultimi anni impegnata in pellicole minori (vedi La perfezionista e Chi nasce tondo), fino a Gianni Nazzaro e Don Backy, riconsegnati al grande schermo dopo un lungo periodo e la cui immagine rischiava di finire nel dimenticatoio. Insomma, il pericolo di mancare il bersaglio e scadere nel trash lo si corre in più di un’occasione. Quanto poi agli intenti satirici o dissacratori, potremmo consigliare a Cirillo di prendere spunto la prossima volta da pellicole esemplari come L’Âge d’or di Buñuel o Entr’acte di René Clair. Perché l’irriverenza richiede un progetto estetico preciso e protestare, invece, contro le ipocrisie imperanti nel mondo in maniera pressappoco qualunquista non fa altro che enfatizzare l’immagine di quell’Italietta (con citazioni insistite al riguardo di Carmelo Bene) che si pretende di sottoporre a duro vaglio critico. Impotenti esistenziali, girato in un formato video dalla qualità discutibile e costato circa seicento mila euro, è, in definitiva, un film non facilmente collocabile perché lontano anche da quei prodotti confezionati dozzinalmente e, come preannuncia il titolo, rischia seriamente di diventare impotente in quanto manca di una vera e propria trama e si basa su una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti. Anche le uniche note di merito che potrebbero provenire dalla sua struttura ritmata ad episodi finiscono per essere travolte dal flusso ininterrotto di sketch da varietà e di spicciola propaganda elettorale, al punto da indurci a pensare che forse ci siamo persi in qualcosa che assomiglia al Benny Hill Show o peggio ad Anno zero.


CAST & CREDITS

(Impotenti esistenziali); Regia: Giuseppe Cirillo; soggetto e sceneggiatura: Giuseppe Cirillo; fotografia: Luigi Nappa; montaggio: Giuseppe Cirillo; musica: Ciu Ranieri, Giuseppe Cirillo; costumi e scenografie: Valentina Troisio; interpreti: Giuseppe Cirillo (Giuseppe), Antonella Ponziani (Francesca), Alvaro Vitali (Amilcare), Angela Melillo (Angela), Sandra Milo (Zia Elisabetta), Tinto Brass (editore De Fortis), Gianni Nazzaro (Riccardo), Don Backy (Don Giovanni); produzione: Elite Group International; distribuzione: Elite Group International; origine: Italia, 2009; durata: 101’.


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