Joe Strummer - Il futuro non è scritto

Joe Strummer is not there. Falso documentario o vera ricostruzione, gli idoli musicali sembrano sfuggire a qualsiasi classificazione, a qualunque tentativo di essere incasellati in un ruolo o personaggio ben definito. E’ impossibile, di fronte al coscienzioso lavoro di Julian Temple sul leader dei Clash, non pensare alla geniale e cerebrale operazione di decostruzione e ricostruzione di Todd Haynes sulla galassia Dylan.
Anche Joe Strummer non è mai soltanto Joe Strummer: è anche lui – come uno dei diversi possibili alter ego di Dylan – Woody Guthrie. E’ anche lui attore, come il personaggio interpretato da Heath Ledger; anche lui ribelle irruducibile alla Billy the Kid e anche lui, per finire, vive sulla sua pelle il fallimento del successo, che imprigiona nel ruolo e che rende necessario scomparire per esserci di nuovo.
Il futuro non è scritto è un documentario sulle vite – il plurale è d’obbligo – di questo straordinario personaggio, pronto a tracciare un punto alla fine di ogni capitolo e a reinventare se stesso e la sua arte. Dal ragazzino che viaggia per il mondo con il padre diplomatico, all’adolescente in collegio con comportamenti anarchici che ricordano – e sagacemente Temple ne monta dei frammenti per analogia – Se…di Lindsay Anderson, con Malcolm Mc Dowell intento a sparare sui professori, ma anche i ragazzi terribili di Zero in condotta; e poi ancora l’hippie Woody che mette su una comune nella Londra in pieno fermento pop rock, ma pronto a farsi cantore della musica punk non appena ne intuisce la carica eversiva.
Uno, nessuno e centomila Joe Strummer e il ritratto che Julian Temple offre di questo strimpellatore un po’ folle, non può non rendere conto della sua personalità poliedrica, a tratti persino incongruente, perennemente in lotta con se stessa e con il mondo. Capace di rivoluzionare e influenzare intere generazioni di musicisti – per il tributo non mancano i Red Hot Chili Peppers o Bono, per quanto molto più integrati nel sistema rispetto a Strummer, refrattario al successo e ai compromessi – e di attori (John Cusack ha sempre esternato nei suoi film la sua venerazione per i Clash, da Alta fedeltà a Non per soldi ma per amore ) e registi come Jarmush e Scorsese, che in Al di là della vita costruisce intere sequenze sul ritmo trascinante di Janie Jones e I’m so bored with Usa.
Ma Il futuro non è scritto non è affatto ricostruzione del mito Clash, cui spetta un ruolo ovviamente considerevole ma non maggioritario nella struttura del documentario, bensì il cammino di un’anima, quasi schraderiano, fatto di successi e cadute e di una grazia raggiunta nel dolore.
Dall’animale da palco che infiamma le folle urlando White Riot, si arriva a scoprire l’uomo imbolsito che tenta di riappropriarsi del piacere di fare musica mescolando le tendenze più eterogenee, e liberandosi così di un passato troppo ingombrante.
Lo sguardo di Temple è stavolta decisamente felice, più incisivo e profondo rispetto all’agiografia ammiccante del pur interessante Sex Pistols – Oscenità e furore, e capace di raccontare l’uomo e l’artista con un montaggio che mescolando frammenti di film, il cartoon di La fattoria degli animali e le canzoni amate da Strummer, rende conto del suo pensiero politico ed estetico in modo più epidermico e istantaneo delle sole interviste.
Lo stile abbraccia il soggetto: Il futuro non è scritto è puro e scarno come il personaggio che racconta. Accelera quando deve e scalda i cuori con le immagini di repertorio dei concerti dei Clash, mostrandone però il declino quando si esibiscono, da scimmie ammaestrate, nella loro canzone più sputtanata, Sholud I Stay or Should I go, di fronte a un pubblico americano che forse non capisce fino in fondo il significato di quel ‘voi producete, comprate, morite’ gridato da Joe prima del concerto.
E’ la grande tragedia della sua musica quella di essere fraintesa o commercializzata, come dimostra quel Rock the casbah scritto a grandi lettere su un aereo dell’aviazione statunitense impiegato nella guerra in Iraq. ‘Non avrei mai pensato che una mia canzone potesse essere usata per lanciare una fottuta bomba americana’ dice con rammarico Strummer e non si può non pensare con tristezza all’assorbimento costante e inoppugnabile da parte della società di ogni forma di ribellione, rimasticata e poi sputata fuori un po’ meno dannosa, un po’ meno vera.
(Joe Strummer: the future is unwritten) Regia e soggetto: Julian Temple; fotografia: Ben Cole; montaggio: Niven Howie, Tobias Zaldua, Mark Reynolds (II); supervisione musiche: Ian Neil; interpreti: Joe Strummer (immagini di repertorio), Mick Jones, Terry Chimes, Topper Headon, Bono, Matt Dillon, John Cusack, Steve Buscemi, John Cooper Clarck, Jim Jarmush, Johnny Depp, Anthony Kiedis,Don Letts, Bernie Rhodes, Martin Scorsese; produzione: Anna Campeau, Alan Moloney, Amanda Temple per Parallel Films Productions, Filmfour, Hanway Films, Nitrate Films, Sony Bmg Feature Films; distribuzione: Ripley’s Film; origine: Gb, Irlanda 2008; durata: 119’; web info: sito ufficiale
