Killer Joe

Spesso e volentieri, quando ci si aspetta molto da un’opera cinematografica, è facile rimanerne delusi. Aspettative disattese, vicissitudini produttive che vanno inevitabilmente ad inficiare sulla qualità del prodotto finale, fisiologico passaggio a vuoto di autori dai quali ci si sente traditi perché visti quasi come degli dei infallibili. Non è questo però il caso del bravissimo William Friedkin e del suo interessantissimo Killer Joe. Dopo una lontananza dal grande schermo durata circa cinque anni, durante i quali si era dedicato principalmente alla regia televisiva di alcuni episodi di C.S.I. (il suo ultimo film era stato lo sfortunato Bug, anche esso tratto dalla drammaturgia ideata dal talentuoso Tracy Letts ed adattata per il cinema dallo stesso attore/sceneggiatore premio Pulitzer 2008), il papà de L’esorcista ci regala una commedia nera dai dialoghi esaltanti e dal ritmo incalzante che folgorò pubblico e critica durante la sessantottesima mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’ultima di Muller per intenderci.
I punti di forza del film sono molteplici, a partire dalla prova dei cinque attori protagonisti con a capo il sorprendente Matthew McConaughey, solitamente piuttosto impacciato ed inespressivo. Qui invece, un po’ per la bravura con la quale Friedkin ha saputo dosare i talenti del proprio cast, un po’ per il compiaciuto edonismo del personaggio di Joe Cooper che sembra combaciare perfettamente con quello reale dello scapestrato attore texano, la sua interpretazione svetta, insieme a quella del sempre bravo Thomas Haden Church, donando credibilità e spessore a tutta la pellicola. Friedkin indugia spesso sui primi piani dei suoi attori, cercando di coglierne ogni singola espressione. Facce rese volutamente inespressive e minimaliste che affidano alla potenza del testo e alla messa in scena, malsana e claustrofobica, tutta la forza della pellicola.
Il film si svolge quasi completamente all’interno di casa Smith, dove il giovane Chris indebitatosi con alcuni malavitosi, convince il padre, la sua nuova compagna e la sorella minore ad assoldare un poliziotto/killer per uccidere la madre ed intascare i cinquantamila dollari dell’assicurazione sulla vita stipulata da quest’ultima. Il film catapulta lo spettatore sin da subito all’interno di questo strampalato piano (che denota la cristallina origine teatrale del testo) dando vita ad una commedia nera piena di equivoci e colpi di scena dove l’ormai settantaseienne regista di Chicago non lesina immagini molto violente, sia visivamente che psicologicamente (tremenda e bellissima in tal senso la scena in cui Joe costringe la matrigna di Chris a mimare una fellazio utilizzando una coscia di pollo del KFC), dove a metà strada tra il gioco tarantiniano e il sadismo di alcuni film di genere degli anni settanta, ci mostra la disgregazione della famiglia e la perdita totale dei suoi valori cardine. Non a caso il film nasce proprio dall’idea di un figlio che pianifica di uccidere la madre, prosegue attraverso la "vendita" della verginità di una sorella e di una figlia ad un folle assassino per poi terminare con un l’un contro l’altro armati. Non c’è amore, non c’è affetto, se non accennato e comunque di convenienza, ma soprattutto la famiglia ci viene mostrata come un nucleo di singoli individui estremamente egoisti e con delle forti connotazioni da mostro. Paradossalmente l’unico personaggio a mostrare, seppur nella sua infinita follia, qualche segno d’amore è proprio il killer Joe.
Dopo Carnage di Roman Polanski (anche esso tratto da una commedia teatrale) e Dark Horse di Todd Solondz, un altro affresco familiare grottesco ed inquietante anche se molto più cupo e con delle tinte Horror tipiche dello stile di William Friedkin, segno ancor più tangibile che la crisi della società attuale risiede principalmente nella amoralità e nella perdita dei valori ancor prima che in quella economica.
Tre visioni d’autore (e tutte in concorso alla penultima kermesse veneziana) diverse per stile ma praticamente identiche a livello concettuale, tra le quali, però, quella di Friedkin spicca per originalità e intelligenza. Da non perdere!
(id.); Regia: William Friedkin; sceneggiatura: Tracy Letts; fotografia: Caleb Deschanel; montaggio: Darrin Navarro; musiche: Tyler Bates; interpreti: Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Thomas Haden Church, Gina Gershon, Juno Temple; produzione: Voltage Pictures, Worldview Entertainment, ANA Media; origine: USA 2011; durata: 103’.
