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L’amore ai tempi del colera

Pubblicato il 25 dicembre 2007 da Giampiero Francesca


L'amore ai tempi del colera

“Il mio cuore ha più camere di un bordello” ma la mente, l’anima può rimanere vergine, immacolata per colei che si è amata per prima. E’ questo, in sintesi, il cuore romantico de L’amore ai tempi del colera di Mike Newell.

“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. E’ sufficiente questa frase del premio Nobel Gabriel Garcìa Márquez, autore del romanzo da cui è tratto il film, per capire la struttura e la logica di questa pellicola. Ricordo e racconto, finzione e realtà sono pezzi di un puzzle con cui Newell, sin dall’iniziale flashback, ricostruisce la figura di Florentino Ariza. Ed è proprio il gioco del raccontare a rendere possibile l’impossibile. Così Florentino, che annota con minuzia tutte le sue avventure amorose in un taccuino, può restare magicamente vergine. E’ la forza del ricordo, che cancella e mistifica. E’ la poesia del narrare che scherza, sulle pagine di un libro o nei quadri di una pellicola, con la verità. Perché, in fondo, davanti agl’occhi e al sorriso ormai anziano di Fermina il vecchio Florentino è davvero immacolato. Tutto ciò che ci è stato narrato è appunto un ricordo, un segno che svanisce. E in questo svanire, nel passato che si annulla, nell’amore che supera gl’anni che spazza via, cancella i nomi dal taccuino esplode il romanticismo di questa favola. Una fiaba moderna che trasforma finanche il dramma del colera, inizialmente rappresentato come pestilenza fatale, in un mezzo, un veicolo per far trionfare l’ultimo fiato d’amore.

Quello di Mike Newell, regista in grado di passare con facilità dai toni leggeri di Quattro matrimoni e un funerale a quelli più agitati di Donnie Brasco, appare un adattamento costruito per esaltare il tono sentimentale e romantico del romanzo originale. Che lo scritto di Gabriel Garcìa Márquez si prestasse ad un operazione simile era un rischio prevedibile ma lo scopo di Newell appare, a tratti, fin troppo spudorato. Grazie però all’ennesima prova d’attore di Javier Bardem, in grado di divincolarsi spesso dall’aura melensa che lo circonda, la pellicola scorre comunque senza pesare quasi mai sull’attenzione dello spettatore. Accanto a lui, nel ruolo di Fermina, una Giovanna Mezzogiorno non troppo convincete, spesso teatrale ed eccessiva. A lei, e ai truccatori, va comunque riconosciuta la capacità di trasformarsi in un’anziana signora dei primi novecento con una grande credibilità.

Se si sente il bisogno di trascorrere un paio d’ore d’amore e melassa o se si necessita di qualche frase romantica da poter appuntare questo film pare proprio la soluzione perfetta.



Giampiero Francesca


CAST & CREDITS

(Love in the Time of Cholera); Regia: Mike Newell; sceneggiatura: Ronald Harwood tratto dal romanzo di Gabriel Garcìa Márquez; fotografia:Affonso Beato; montaggio: Mick Audsley musica: Antonio Pinto; scenografia:Wolf Kroeger; costumi: Marit Allen; interpreti: Javier Bardem (Florentino Ariza), Giovanna Mezzogiorno (Fermina Urbino), Benjamin Bratt (Dr. Juvenal Urbino), Catalina Sandino Moreno (Hildebranda); produzione: Stone Village Pictures in collaborazione con Grosvenor Park Media Ltd.; distribuzione: 01 distribution; origine: USA, 2007; durata: 132’.


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