L’amore e basta

Il viaggio di Stefano Consiglio alla scoperta dell’amore e della vita di coppia omosessuale ha inizio con la lettura, da parte di un misurato Luca Zingaretti, di un toccante testo di Aldo Nove sulla sotterranea ma inestirpabile avversione della società nei confronti di chi è diverso .
Un viaggio che si espande anagraficamente, raccontando le vite di coppie mature e la condivisione di un’intera vita insieme, alternandola all’entusiasmo di chi ha appena incontrato il compagno perfetto; e si snoda geograficamente, lungo l’Europa, toccando Italia, Francia, Germania e, ovviamente, l’immancabile Spagna, patria elettiva per tutte le coppie omosessuali che vogliano far valere i propri diritti, e modello per una democrazia illuminata.
L’amore e basta è un’opera engagé senza tuttavia soccombere al tono grave del pamphlet politico. Si fa portavoce di un discorso anti discriminatorio raccontando questa supposta diversità mostrandone proprio quegli aspetti quotidiani, i lati teneri, affettuosi, che vanno a intaccare l’immagine falsa, o quanto meno parziale, e arrogantemente provocatoria rimandata spesso dai media, in cui l’esibizione della cultura gay appare sempre inevitabilmente connessa a una sessualità grottesca, fatta spesso coincidere con perversione e decadenza.
Lo spirito ragazzino, la solarità degli intervistati, quella dei due giovani siciliani che raccontano con malcelato imbarazzo il loro primo bacio, come quella delle due donne parigine reduci dal travaglio di una malattia combattuta fianco a fianco, saldando ancor di più il proprio legame, si rivela la carta vincente del discorso di Stefano Consiglio, un’arma disarmante a favore della tesi - se di tesi è legittimo parlare - portata avanti dall’autore.
L’amore e basta è infatti, come il suo stesso titolo, un’opera semplioce, ma di indubbia sincerità e onestà morale. Non costruisce le sue storie, non tenta di abbellire o giustificare agli occhi di un supposto mondo sano uno stile di vita alternativo. Non c’è traccia, insomma, quella captatio benevolentiae nei confronti di un pubblico eterosessuale che avrebbe lasciato pensare a un’operazione a tavolino, creata per diventare un manifesto cool.
Anche perché, ed è probabilmente il dato sociologico più rilevante, non ne esce affatto il ritratto di una schiera compatta, votata alle medesime cause e passibile di strumentalizzazione o attivismo politico. Del resto, difficilmente la vita delle spagnole Maria e Marisol, coniugi a tutti gli effetti e madri di tre bambini, potrebbe essere simile a quella di Gino e Massimo, i due ’sposi di piazza’ palermitani. Così come il traguardo dei Pacs o dell’adozione di un figlio non è mai rientrato nei progetti di vita di Catherine, per cui la coppia omosessuale non è una famiglia mancata, priva di prole, ma un’esperienza diversa, ma di per sé appagante. Gli stessi intervistati rivelano una tale eterogeneità di pensiero che alla fine l’etichetta di gay, lesbica o altro perde di valore, restituendo a ciascuno la propria individualità.
Sono questa assenza di maschere - di cui il prologo con la lettura priva di eccessi interpretativi di Zingaretti è già emblematico - e l’immediatezza dei racconti, capaci di dar respiro alle storie senza mai contaminare quanto detto con lo stile invadente di certe derive del documentarismo soggettivo, a costituire senz’altro la qualità migliore del lavoro di Stefano Consiglio, facendone un esempio di buon documentarismo, privo di protagonismi ma al contempo realmente partecipe e addentro al tema trattato.
(Id.); Regia: Stefano Consiglio; fotografia: Francesco Di Giacomo; montaggio: Silvia Di Domenico; musiche: Rocco De Rosa; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia 2009; durata: 75’
