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L’isola dell’angelo caduto

Pubblicato il 13 novembre 2012 da Nicola Lazzerotti

VOTO:

L'isola dell'angelo caduto

Lucarelli rimane sempre se stesso nel bene e nel male, e in questo suo primo film, L’isola dell’angelo caduto (tratto dal suo stesso omonimo romanzo), accetta il rischio di mettere in scena un discorso sopra le righe e forzato. A tal punto si spinge avanti in questo, che il pericolo di far scivolare il film è sempre molto alto. Ma se di ciò lo si riesce a perdonare, superando i limiti dei canoni del “bel film” e della buona direzione, e si guarda a quest’opera come la realizzazione di un autore che è prima di tutto un narratore, allora ci si troverà difronte a un valido e importante lavoro, meno superficiale e leggero di quello che possa sembrare.
Come già nei suoi programmi televisivi e nei suoi libri, Lucarelli procede nel suo lavoro adottando come forma espressiva la similitudine, nell’idea che la storia di uno è la rappresentazione di una vicenda dal carattere universale: le vicissitudini del protagonista mostrano un comportamento preciso ed un momento della nostra storia. Il ’25 e il discorso “di piena responsabilità” del Duce alle camere dopo il delitto Matteotti è per Lucarelli un momento centrale per il nostro paese. Un momento in cui un popolo si sarebbe dovuto schierare contro un’ingiustizia e ribellarsi, un momento in cui invece l’Italia ha deciso pavidamente di arrendersi al quieto vivere e far finta di niente. In contrappunto si muove il protagonista della vicenda: un poliziotto, un uomo dello stato, che sente nel dovere una ragione a cui non sa sottrarsi, in quel momento della vita - sembra dirci il regista - in cui un uomo deve decidere se farsi da parte e guardare altrove o farsi avanti e pagare le conseguenze inevitabilmente avverse.
La costruzione di questo avviene, prima nel libro e poi nel film, con una sapiente opera di sintesi. Lucarelli procede prendendo e rubando da quello che ama vedere e leggere. Si possono cogliere riferimenti letterari e cinematografici : echi da Fatherland di Robert Harris, nell’ aver dato l’immagine di un poliziotto che non si piega al regime, spinto da un’etica personale. C’è il Tiziano Sclavi di Della morte dell’amore, nel modo in cui ha voluto ritrarre un isola che è un non luogo dove non esistono le stagioni e i venti vengono da tutte le parti, e dove il riferimento ai morti certifica ancor di più quest’elemento. E perché no, anche Il commissario Lo Gatto di Dino Risi, con l’isola come luogo della vicenda, l’assassinio e un commissario e il suo attendente che scovano torbidi intrighi. C’è tanta cultura raffinata e popolare in questo L’isola dell’angelo caduto che l’autore ha il merito di saper legare senza stonature.
Familiare è inoltre la storicizzazione dei fatti. Lucarelli si trova molto a suo agio ambientando la vicenda all’inizio del ventennio, periodo che spesso ritorna nella sua narrativa e in cui l’autore porta tutte le sue conoscenze sfumandole e arricchendole nel significato. E’ in questa realtà che il regista cala l’attore che più di tutti ha saputo incarnare i suoi personaggi: Giampaolo Morelli è il vero corpo feticcio dell’immaginario Lucarelliano, attore che già in Coliandro è stato capace d’assumere le fattezze di uomo comune spinto da quel senso dello stato e del dovere, che ritroviamo, con le dovute differenze, nel personaggio del Commissario.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Carlo Lucarelli; sceneggiatura: Carlo Lucarelli, Giampiero Rigosi, Michele Cogo; fotografia: Rocco Marra; montaggio: Daniele Di Maio; musica: Gianni Maroccolo; title track: Piero Pelù; interpreti: Giampaolo Morelli (Commissario), Gaetano Bruno (Mazzarino), Rolando Ravello (L’inglese), Sara Sartini (Hana); produzione: Kaos Cinematografica; ; origine: Italia, 2012; durata: 99’


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