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L’ora di punta

Pubblicato il 9 settembre 2007 da Salvatore Salviano Miceli


L'ora di punta

Probabilmente le motivazioni ed i presupposti alla base de L’ora di Punta di Vincenzo Marra, terzo ed ultimo film italiano in concorso, erano ben distanti da quello che è il risultato finale. Il cinema di Marra è, spesso, diretta emanazione dei luoghi oscuri della nostra contemporaneità; i suoi personaggi raramente possono dirsi risolti, in una continua lotta tra necessità contingenti e un’etica con cui confrontarsi. Tornando a Casa e Vento di Terra (senza dimenticare L’Udienza è Aperta) possiedono, però, una compattezza assai più rilevante di questa ultima pellicola.
Filippo Costa (Michele Lastella) è un giovane agente, di modesta estrazione sociale, della Guardia di Finanza; la sua ambizione lo porta ben presto a dovere scegliere tra una vita onesta, ma povera di gratificazioni, e i ben più lusinghieri echi della corruzione. Optando per questa seconda via, perderà coscienza delle proprie origini e freni morali, sacrificando tutto, amore compreso, alla sua sete di successo.
Il film, leggendo le parole del regista, racconta anche il marcio che si mimetizza, la parte oscura che cerca di nascondersi dietro la moltitudine del perbenismo, in quei ‘salotti buoni’ dove una stretta di mano non è solo un semplice saluto, ma un modo per stringere alleanze ed accordi, per conoscere, insomma, le ‘persone giuste’. È un mondo che l’autore è in grado di scrutare anche con un linguaggio diverso da quello puramente documentaristico.
Marra dirige la sua mdp seguendo lo stato d’animo del protagonista, i dubbi nati da scelte sempre più radicali e che non prevedono vie di fuga, con un ritmo rarefatto, dove la lentezza svolge un ruolo intimamente indagatore, e un’atmosfera cupa che avvolge interni ed esterni in una Roma che pare colorarsi solo di grigio.
Una certa eleganza visiva, però, non può bastare a coprire i dubbi che provengono dalla visione del film; dubbi che in primo luogo chiamano in causa la sceneggiatura scritta dallo stesso regista. Rimangono oscuri alcuni passaggi così come banale e prevedibile, per non dire scontato in certi frangenti, risulta il dialogo, con azioni e reazioni, a volte al limite del farsesco, non difficili da prevedere molto prima del loro effettivo verificarsi. Di questo rimangono intrappolati sia l’interprete principale, un Michele Lastella monolitico (Fanny Ardant è comunque apprezzabile in un ruolo di donna ormai matura attaccata alla speranza di un nuovo sentimento) sia la regia che segue in maniera didascalica e schematica i binari che la sceneggiatura ha tracciato.
Marra, che ha dimostrato di essere un autore di valore, sembra preoccuparsi troppo di restare all’interno di una forma espressiva canonica. Evitando però di prendere qualche rischio, confina il suo film in una asettica deriva incapace di lanciare appigli emotivi. Anche le due relazioni del protagonista, una dettata da reale sentimento, l’altra da spirito più utilitaristico, restano sospese, appena tratteggiate, quasi capitate per caso.
Resta il rimpianto per un’opera che mette sì in mostra buone intenzioni ed intuizioni, ma che troppo presto, e senza possibilità di ripresa alcuna, si perde senza mai trovare equilibrio e compiutezza. Ci aspettavamo di più, ed i fischi riservati dalla stampa a fine proiezione lo stanno a testimoniare


CAST & CREDITS

(L’ora di Punta); Regia e sceneggiatura: Vincenzo Marra; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Luca Benedetti; suono: Remo Ugolinelli; scenografia: Beatrice Scarpato; interpreti: Michele Lastella (Filippo Costa), Fanny Ardant (Catherine), Giulia Bevilacqua; produzione: R & C Produzioni; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2007; durata: 96’


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