L’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO

Piazza Vittorio, luogo d’incontro e di scontro fra culture ed etnie diverse. Luogo da amare o da odiare, a cavallo tra tenace tradizione romana e costante flusso di immigrati. Quartiere ad alto tasso di delinquenza, spesso di degrado, ma anche zona di cui non ci si può non innamorare. Al di là di problemi dovuti a proteste da parte dei residenti e di correnti politiche che hanno fatto sì che venisse ideata la legge sull’immigrazione conosciuta con il nome di ’Bossi-Fini’, Piazza Vittorio non può e non deve accontentarsi della fama di quartiere allo sbando che sprofonda nel baratro del degrado. Con ciò non vogliamo negare lo stato critico della storica zona di Roma adiacente alla Stazione Termini, né tanto meno giustificare il comportamento di molti immigrati che superano di gran lunga la soglia dell’illegalità (furti, droga, risse, organizzazioni criminali e via dicendo). Ma è altrettanto vero che il tema dell’immigrazione non dovrebbe essere discusso solamente in modo unilaterale. L’interesse al dialogo e alla comprensione di questo fenomeno apparentemente incontrollabile viene affrontato spesso anche in TV, e recentemente anche da Anno Zero, la nuova trasmissione dell’esule forzato Michele Santoro.
Il documentarista Agostino Ferrente e Mario Tronco, tastierista degli Avion Travel, ci raccontano a modo loro una storia d’immigrazione “che finisce bene”. Anche se in realtà non finisce affatto, sia per via della struttura del gruppo tutt’altro che chiuso in se stesso, sia per problemi pratici di permesso di soggiorno negati, L’Orchestra di Piazza Vittorio racconta la genesi della big band multietnica che da qualche anno ormai raccoglie sempre più consensi tra esperti di musica e semplici amatori. Lungi anche dal sembrare solo un racconto di storie lacrimevoli, il documentario è strutturato su due diversi piani narrativi che s’intersecano fra loro: da una parte il difficile reclutamento, da parte di Mario Tronco, di musicisti provenienti da ogni parte del mondo; dall’altra le vicende legate al cinema Apollo, splendida sala dell’Esquilino che, dopo una lunga agonia come cinema a luci rosse, si stava trasformando in sala Bingo. Per evitare questo scempio, molto frequente nella capitale, il comitato Apollo 11 (composto da Ferrente, Tronco, Dina Capozio e da altri attivisti e residenti del quartiere) si propone di riconsegnare all’Esquilino una sala che potrebbe diventare il nucleo di incontro tra culture diverse (operazione che vorrebbe coinvolgere anche la comunità cinese, la più grande ma anche la più restia ad avvicinarsi ad altre culture).
L’Orchestra di Piazza Vittorio non è un documentario di denuncia, anche se qua e là si possono riscontrare effettive critiche all’amministrazione dei beni culturali (vedi un disorientato Gianni Borgna messo in difficoltà dalle richieste degli attivisti). Il film parla di uomini, di immigrati, accomunati dalla musica, che indubbiamente si erge ad unica arte in grado di avvicinare culture differenti. Nel suo modo ingenuo di raccontare e di raccontarsi, il lavoro di Ferrente diviene una scatola piena di interrogativi cui non sono mai seguite delle risposte. Il sogno di Mario Tronco, cioè quello di mettere in piedi un’orchestra multietnica che prendesse il nome del quartiere che “ospita anche i casertani”, si realizza pian piano, dopo un lungo lavoro di ricerca e dopo innumerevoli problemi spesso legati allo scontro tra tradizioni musicali diverse. Il cantante tunisino non ritiene giusto cantare una canzone senza parole come quella del chitarrista ecuadoriano; il cantante indiano si rifiuta di prendere parte ad un orchestra con musicisti non al suo stesso livello. Ore di sala prova in cui il povero Mario Tronco si ritrova a dirigere dei musicisti che a volte non sanno comunicare tra loro. La musica allora diviene il linguaggio universale con cui gli immigrati riescono a trovare una sorta di dialogo che ognuno gestisce con la propria sensibilità artistica. Ai problemi di comunicazione si aggiungono di carattere prettamente musicale. Molti brani tradizionali non si fondano sul sistema dell’armonia occidentale. Quarti di tono, tempi dispari, strutture ritmiche variabili, sistemi armonici e melodici lontani dalla nostra cultura: il tastierista degli Avion Travel è riuscito a far confluire diversi stili e approcci in un genere musicale che, inizialmente una sorta di ibrido, prende consistenza divenendo qualcosa di assolutamente nuovo ed originale.
L’Orchestra di Piazza Vittorio è un lavoro tecnicamente semplice e lineare. Non c’è traccia di provocazione, non c’è dietro un interesse politico. Ci sono solo uomini, musica e tanta fatica. L’importanza del documentario, più che per specifiche caratteristiche cinematografiche, risiede nella consapevolezza che l’unico fattore in grado si far sprofondare il quartiere è proprio il luogo comune, unito all’indifferenza e alla mancanza di voglia, da parte di autorità sempre troppo ancorate ad interessi economici, di far fronte davvero all’emarginazione razziale. Piazza Vittorio è uno dei tanti cuori della capitale e continua a pulsare, malgrado manifestazioni di estrema destra e di leghisti, cui non possiamo far altro che consigliare la visione di questo documentario, che già a Locarno è riuscito a coinvolgere e addirittura a far ballare insospettabili e rigidi critici cinematografici.
Regia: Agostino Ferrente; soggetto e sceneggiatura: Agostino Ferrente; fotografia e riprese: Greta De Lazzaris, Alberto Fasulo, Simone Pierini, Giovanni Piperno, Sabrina Varani; montaggio: Desideria Rayner, Jacopo Quadri; musica: L’Orchestra di Piazza Vittorio diretta da Mario Tronco; interpreti: Mario Tronco, Agostino Ferrente, Dina Capozio, Mohammed Bilal, Houcine Ataa, Carlos Paz, Rahis Bearti, Ziad Trabelsi, Omar Lopez Valle, Pap Yeri Samb, Raul Scheebba, John Maida, Pino Pecorelli, Peppe D’Argenzio, Marian Serban, Abdel Majid Karam, Amrit Hussain, Pino Marino, Orchestra Avion Travel, Javier Girotto, Monique Veaute, Gruppo Apollo 11; produzione: Lucky Red, Pirata M.c., Bianca Film; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia; durata: 93’
incontro con Agostino Ferrente, Mario Tronco e l’Orchestra di Piazza Vittorio
