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L’ultimo terrestre

Pubblicato il 9 settembre 2011 da Giovanna Branca


L'ultimo terrestre

Chi conosce i suoi fumetti sa che la comicità di Gipi non è mai leggera, ma va a toccare i meandri più tristi del nostro paese e della nostra personalità. La levità è solo quella dello sguardo, della mano del fumettista e della macchina da presa del regista alla sua prima opera. E ciononostante potrebbe stupire la profonda cupezza di L’ultimo terrestre, il film di Gipi presentato in concorso alla sessantottesima edizione del Festival di Venezia e tratto da una graphic novel di Giacomo Monti. Strano, si potrebbe pensare, che Gipi non attinga dalla propria copiosa produzione fumettistica. Ma a ben vedere questo film offre al regista lo spunto per fare un discorso che è venato di autobiografia, la stessa che la fa da padrona nei suoi lavori su carta.
Luca (l’esordiente e bravissimo Gabriele Spinelli) è un ragazzo solitario che vive in una casa da cui potrebbe essere sfrattato in qualsiasi momento, lavora al Bingo ed è terrorizzato dalle donne; il suo unico amico è un transessuale, Roberta, e ogni tanto fa visita al padre (Roberto Herlitzka) che vive in campagna. Piccolo particolare: nel giro di un paio di settimane gli alieni approderanno sulla terra, notizia annunciata incessantemente da ogni mezzo di comunicazione. Mentre la vita va identica a se stessa in attesa di questo arrivo, intorno a Luca scorre un campionario di tutta la crudeltà umana: da chi uccide i gatti a chi uccide le persone. E il protagonista non è esente dal “male”: capace di vederlo, di riconoscerlo, non è in grado di fare niente per opporvisi. Ignavia, sarebbe la parola di condanna biblica. Ma cosa ne direbbero invece gli alieni? Gli alieni immaginati da Gipi hanno l’aspetto di quelli della tradizione, ma un’originale caratteristica: sanno distinguere il bene dal male. Il loro arrivo è, in poche parole, il giudizio universale. Gli omini grigi venuti dallo spazio sono il pretesto narrativo per metterci di fronte, una volta tanto, non al nostro rapporto con l’altro ma a quello con noi stessi e con le piccole e grandi colpe che guardiamo con indulgenza o indifferenza. Ed in questo discorso il personaggio di Luca sembra amplificare l’incapacità di agire che tormentava lo stesso Gipi bambino, alle prese con un’esperienza terribile, nella sua graphic novel autobiografica La mia vita disegnata male.
L’orizzonte visivo di L’ultimo terrestre è una città anonima, svuotata di presenze umane e in cui i luoghi sembrano autosufficienti e non collegati tra di loro, nonostante appartengano a quella Pisa in cui l’autore è nato e cresciuto. Ogni immagine è costruita con minuzia: conta la composizione interna dell’inquadratura, quasi lo spazio tra le linee che dividono i fumetti, e non gli spericolati movimenti di macchina. A tratti la storia si sfalda in una narrazione un po’ disordinata, difetto che può essere perdonata in vista dell’originalità di quest’opera prima e del suo coraggio. Il coraggio di fare un film di quasi-fantascienza in Italia, è il primo pensiero. Ma soprattutto il coraggio di porsi degli interrogativi su argomenti di difficile trattazione, che costituirebbero per chiunque un sentiero minato. L’irresistibile desiderio di tracciare una linea netta tra il bene e il male, e l’impossibilità di farlo. E la volontà di chiedersi che cosa ci meritiamo, in un mondo in cui nessun alieno può darci la risposta.


CAST & CREDITS

(L’ultimo terrestre) Regia: Gian Alfonso Pacinotti ; sceneggiatura: Gian Alfonso Pacinotti, liberamente tratto da "Nessuno mi farà male" di Giacomo Monti; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Clelio Benevento; musica: Valerio Vigliar; scenografia: ; interpreti: Gabriele Spinelli (Luca), Anna Bellato (Anna Luini), Luca Marinelli (Roberta), Roberto Herlitzka (padre di Luca); produzione: Fandango; distribuzione: Fandango; origine: Italia; durata:100’.


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