L’uomo che verrà

Giorgio Diritti supera a pieni voti la sempre delicata prova del secondo film. Realizza il miglior lungometraggio italiano del IV Festival del film di Roma. Rischia tanto, con un argomento delicato come l’eccidio nazista di Marzabotto. Schiva le trappole con una buona relazione tra uomini, territorio e Storia, e un’altra tra quest’ultima e qualcosa di più ampio: la lotta tra bene e male, il rapporto tra vita e morte. Recupera memoria grazie alla credibilità dei personaggi. Non cade nella retorica celebrativa, nel piatto schematismo, nell’eccesso di ideologia o di giudizio. La sua autorialità è rigorosa, olmiana nella prima parte, in ascolto di "vita vera". I personaggi sono osservati con pudore e fermezza, il film avvicina gli sguardi, le azioni e le parole dei contadini future vittime dell’atrocità nazista. Il racconto della strage è preciso e deciso, ma nel momento di massima tensione, a questo si aggiunge, come tema opposto, la tenacia della vita, che si rinnova costantemente come i cicli della natura ampiamente descritti dal film. La tragedia passa, tortura e distrugge. Il male si materializza sulle montagne emiliane tra la fine del Settembre e l’inizio dell’Ottobre del ’44, ma un bambino appena nato viene miracolosamente tratto in salvo dalla morte. E’ tenuto in vita da altra giovane purezza, da una ragazzina anche lei scampata all’eccidio, ma non ad una violenza precedente, interna alla sua società, al suo piccolo (e non libero dal male) antico mondo. La violenza umana l’ha già segnata, le ha tolto le parole, le si è avvicinata prima del massacro collettivo. E’ il male che alberga in ogni ambiente umano: un uomo la tocca, la cerca subdolamente, preannunciando l’altro grande male che verrà. La descrizione della strage di Marzabotto parte proprio dalla soggettiva della ragazzina. Diritti tesse una relazione efficace tra attori professionisti e non professionisti: alle facce rugose raccolte sul posto, affianca quelle di Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio. Per un’ora viene pedinata una comunità contadina emiliana che parla in dialetto strettissimo: un pezzo di civiltà rurale degli anni ’40, dipinta con arte, nella quotidianità della terra, degli animali, delle tradizioni e della fede cristiana. Ma anche con tutta la tensione relativa al quel momento storico, in un angolo splendido di mondo diventato d’improvviso territorio di guerra, occupato prima dalle forze partigiane ed invaso poi dai nazisti sempre più insistenti e violenti. Il film inizia nell’inverno del ’43, e della guerra si raccontano anche i momenti quotidiani vissuti da una popolazione impaurita e inerme. Questa arriva prima della strage, con la paura costante, con i rapporti tesi tra contadini e partigiani, e tra contadini e tedeschi. La tensione è sciolta in un ballo, in una prima comunione, in una confidenza d’amore, in una notte d’inverno nella stalla a raccontare favole di mostri marini, nell’uccisione del maiale. Ma intanto il male avanza e sale come una marea. Da entrambe le parti la mostruosità cresce, fa venire fuori la peggio umanità e gli istinti più barbari. I personaggi si trasformano: il partigiano prima dice di non riuscire a sparare; più tardi esegue freddamente l’omicidio di un soldato tedesco. Gli spara in testa da meno di un metro, dopo che gli ha fatto scavare la fossa. Sono in contrapposizione gli orrori umani e la bellezza della natura, espressa attraverso il passare delle stagioni. Lei rimane calma, sè stessa, gli uomini hanno cambiamenti repentini, dettati dalla paura e dall’odio. L’apice della violenza è narrato con pudore, anche se non mancano momenti di esplicita crudezza, ma Diritti a un certo punto preferisce alzare l’obiettivo verso il cielo ed una croce, nel momento in cui i tedeschi iniziano la carneficina. Poi dissolvenze in bianco e qualche ralenti evitabile. L’uomo che verrà è un film bello ed importante per forma e contenuto, prezioso da un punto di vista storico e stilistico. Ottimo cinema italiano contemporaneo.
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Regia: Giorgio Diritti, Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni, Giorgio Gavalotti; Montaggio: Giorgio Diritti, Fotografia: Roberto Cimatti; Interpreti: Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio, Produzione: Arancia film, Ministero per i Beni e le Attività Culturali MiBAC , Aranciafilm , Toscana Film Commission , Mediateca Regionale Toscana , Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna , Cineteca del Comune di Bologna
