La casa sulle nuvole

La casa sulle nuvole nasce da un’idea di Claudio Giovannesi quando, quattro anni fa, era un allievo della Scuola Nazionale di Cinema. Quella stessa intuizione, successivamente sviluppata, ha poi incontrato il favore di Rai Cinema e Istituto Luce, impegnati a seguire gli ex-studenti più promettenti nel loro esordio nel lungometraggio, con l’obiettivo finale della distribuzione in sala.
Non è propriamente un road movie, né un (melo)dramma familiare e nemmeno una commedia all’italiana, vecchio stile o nuovo che sia. La casa sulle nuvole è piuttosto un po’ di tutto questo, un mix che sfugge a classificazioni di genere anche e soprattutto perché non v’è traccia dell’ansia di aderirvi o confrontarvisi. L’idea originaria, dichiarata dal regista, era quella di raccontare una storia di migrazione al contrario, scoprendo i tanti italiani che vivono a Marrakech, spesso figli - oggi divenuti padri - di quel clima di contestazione tipico degli anni Sessanta e Settanta, che li ha portati ad abbracciare tipi di vite alternative, in realtà rivelatesi specchio (anche) della loro natura di disadattati e di eterni irresponsabili. Ecco allora che il film ha per protagonisti due fratelli (Adriano Giannini e Emanuele Bosi) residenti in una bella casa fuori Roma, che si vedono costretti a partire per il Marocco alla ricerca di chi quella casa, in cui abitano da tutta una vita, l’ha acquistata. Scopriranno così che, tra gli italiani residenti a Marrakech, c’è pure il padre (Emilio Bonucci) che li ha abbandonati più di dieci anni prima. Ovvio quindi che il viaggio, degno di questo nome, diventi non solo la scoperta di altri lidi, ma costituisca anche e sopratutto l’occasione per i due fratelli, così diversi eppure così simili, per conoscere se stessi, l’altro e per affrontare il rapporto irrisolto con un padre assente e irresponsabile.
Il film attraversa l’evoluzione dei suoi personaggi, il loro progressivo avvicinamento, e lo fa senza strattoni e forzature, merito di una sceneggiatura che seppur contrappone i due fratelli in maniera forse in parte semplicistica – l’ ultratrentenne irascibile e disincantato (Adriano Giannini) al ventenne musicista pieno di belle speranze (Emanuele Bosi) -, si dimostra capace di non abbandonare i suoi protagonisti rendendoli credibili nei confronti degli eventi che si trovano ad affrontare. Il loro spessore è solo in parte definito, ma questo, lungi dal costituire un difetto, regala a questa pellicola un sapore lontano da pretese d’approfondimento antropologico, sociale e di costume, ma che sa comunque di buono. Aspetto questo che si fa ancora più evidente nello sguardo che il regista posa sul Marocco riuscendo a schivare facilissimi esotici cliché (i cliché, voluti, sono costituiti al massimo dagli italiani che vi risiedono). La città di Marrakech che ci racconta questo film è un crocevia culturale e razziale, con una grossa spinta verso l’Occidente. È chiaro da subito, fin dalla prima scena nella discoteca dove, con un semplice movimento di macchina, il regista ci mostra tutte le età e tutte le razze che ballano al ritmo di un’ unica musica, che evoca immediatamente i locali nostrani. Del resto il velo per le donne non è obbligatorio, così Amina, compagna magrebina di Bonucci, indossa come le sue amiche minigonna e canotta e confessa, celandosi dietro una bugia, che vorrebbe andare a Roma. Chiaro allora come il Marocco sia solo una delle tante possibilità per raccontare la ricerca del proprio posto nel mondo, della fuga da ‘un paese senza opportunità’ che è in realtà l’alibi alla propria incapacità di affrontare se stessi e i propri fantasmi.
Seppur in alcune parti, soprattutto in quella che precede la parte finale, il film perde un po’ di appeal, Giovannese, forse aiutato dalla sua formazione musicale, conserva un buon ritmo, azzeccando i tempi delle svolte drammaturgiche, scrivendo dialoghi che funzionano, affidando ai personaggi qualche simpatica gag e scandendo il tutto attraverso i cambiamenti dei registri musicali della colonna sonora, curata da lui stesso. Jazz, sonorità più vicine al Medioriente e atmosfere del blues fanno della soundtrack un melting pot, specchio di un Marocco multirazziale e del turbinio di sentimenti contrastanti che ciascun personaggio si ritrova ad affrontare lungo questo viaggio.
E’ il viaggio nel viaggio a chiudere la storia: non a caso i nostri tre protagonisti affrontano insieme il deserto, che è anche un modo per dire che affrontano se stessi e i conti aperti con gli altri. Chi, incapace di assumersi le proprie responsabilità, non lascerà quel deserto, troverà la propria casa tra le nuvole.
(Id.) Regia: Claudio Giovannesi soggetto e sceneggiatura: Claudio Giovannesi, Francesco Apice, Matteo Berdini, Filippo Gravino; fotografia: Tommaso Borgstrom; montaggio: Giuseppe Trepiccione; musiche: Claudio Giovannesi, Enrico Melozzi; scenografia: Alessandro Vannucci; costumi: Giovanni Addante; interpreti: Adriano Giannini (Michele Raggi), Emanuele Bosi (Lorenzo Raggi), Emilio Bonucci (Dario Raggi), Faten Ben Haj Hassen (Amina), Paolo Sassanelli (Franco Vitale), Ninni Bruschetta (Bellini) ; produzione: ANDREA COSTANTINI, GIORGIO MAGLIULO E HAMID BASKET PER SHOOTING STARS, ISTITUTO LUCE, CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA; distribuzione: ISTITUTO LUCE; origine: ITALIA, 2009 ; durata: 103’
