La Famiglia Savage

Sun City, Arizona. L’aria è fresca e pulita, riecheggia una dolce musica anni ’30 e il sole splende alto nel cielo limpido. La città del sole. Dietro ai cespugli curati, ai campi da golf immensi, alle villette a schiera dai colori tenui e pastello però si cela la realtà di vite vuote. Sun City è, infatti, un parcheggio per anziani, troppo vecchi per vivere nella realtà frenetica della società americana ma abbastanza fortunati da potersi permette l’illusione della città del sole. Lenny Savages, padre di Wendy e Jon, è uno di questi.
Sun City, però, è molto di più. E’ il simulacro illusorio di una realtà che non esiste, lo specchio deformate di una società, l’immagine metaforica di una città perfetta, di un paradiso terrestre, l’incipit e la chiave di The Savages di Tamara Jenkins. Nonostante, infatti, solo il primo atto della pellicola si svolga esattamente entro i confini di Sun city, il senso di apparente normalità pervade l’intera pellicola. Una normalità che copre il punto dolente del sistema; la solitudine. La nostra società, sia vista dagl’occhi gelidi di un orientale (quelli aurtoriali di Takeshi Kitano o animati di Kareshi Kanojou no jijo) o dal caldo e colorato pop americano, nasconde dentro se il cancro dell’isolamento. Neanche i rapporti familiari, in passato eterna fonte salvifica, possono nulla nei confronti di questa assoluta incomunicabilità, perenne indifferenza. Qualsiasi soluzione apparente è, appunto, pura facciata. E così Jon (uno straordinario Philip Seymour Hoffman) cerca conforto nel lavoro, soffocandosi di libri e di ricerca, mentre Wendy (una toccante Laura Linney) prova a riscaldarsi nei letti degli altri già caldi d’amore cullata dal sogno di diventare un’artista. Non c’è Xanax, ansiolitico, calmante o medicina in grado di riempire il vuoto dell’esistenza. Ed è in fondo proprio Lenny, un anziano sempre più divorato dalla demenza senile, che in uno dei suoi ultimi sguardi, per una volta, ancora, presente a se stesso, a riconoscerlo. Gli occhi lacerati del padre, conscio ormai di sparire nel nulla, che osservano i figli litigare, urlare, perdersi, forse, anche loro. L’animo che pervade l’opera della Jenkins, però, non è quello di lanciare un pessimistico segnale di resa, ma un ultimo alito di speranza. Ed è in fondo per questo che La Famiglia Savage tratta questa solitudine con il tono, tutto americano, della dramedy. E’ per questo che gli occhi di Lenny, la ricerca di Jon, il teatro di Wendy troveranno, in fondo, un loro fine. Ed è forse proprio per questo che la pellicola di Tamara Jenkins lascia un po’ d’amaro in bocca. Dopo tanta intensa e accurata riflessione, dopo aver tentato di levare ogni velo dalla realtà, perché tornare a fingere, ad ammantare di felicità made in Hollywood, la triste vita di Sun City?
Giampiero Francesca
(The Savages) Regia e sceneggiatura: Tamara Jenkins; fotografia: W. Mott Hupfel III; montaggio: Brian A. Kates; interpreti: Laura Linney, Philip Seymour Hoffman, Philip Bosco; distribuzione: 20th Century Fox; origine: USA, 2007; durata: 113’;
