La pantera rosa

Il remake è una prassi ormai consolidata in campo cinematografico: incontra solitamente un certo successo di pubblico, che corre al cinema sull’onda dei ricordi della versione originale. Lo spettatore più giovane cerca in questi film echi del passato di cui non ha fatto parte, e a cui ora viene data possibilità di accedere. Il successo di un remake è quindi costituito dai molteplici destinatari cui è diretto; un prodotto che centra diverse schiere di aficionados, dai cinefili un pò kitsch al pubblico nostalgico. Prodotto della società dei consumi, utilizza il film come materia diretta d’ispirazione, cercando affannosamente un dialogo con l’opera originaria. E’ cinema che riflette su se stesso, che cerca di sfruttare i propri miti e cult (a volte per operazioni esclusivamente alimentari).
La Pantera Rosa è indiscutibilmenete un cult della storia del cinema. Le incredibili avventure dell’ispettore Clouseau, interpretato magistralmente da Peter Sellers, hanno soggiogato intere generazioni, con il loro impasto di slapstick e comicità verbale. A distanza di quarantatrè anni una nuova pellicola, diretta da Shawn Levy, omaggia quella serie con nuovi interpreti e situazioni. Steve Martin riveste i panni dell’ispettore Clouseau, chiamato ad investigare su un duplice mistero: l’omicidio dell’allenatore della squadra francese e la scomparsa dell’anello che portava al dito, la Pantera Rosa. La trama è assolutamente priva d’interesse e di scarsa originalità; come nella serie originaria, le gag si susseguono a ritmo esorbitante, anche se poche ora sono davvero originali e riuscite. Steve Martin è attore meno fisico di Sellers, più “facciale”, abbastanza disivolto nelle gags e nei momenti demenziali e particolarmente abile nelle scene dove la comicità nasce dai giochi verbali (esilarante la scena della lezione d’inglese). Il resto del cast si presta con simpatia al gioco, da Jean Reno, l’assistente Gilbert Ponton, a Kevin Kline, l’ispettore capo Dreyfus, sino alla sensuale Beyoncè Knowles, che interpreta praticamente se stessa. Un pò di ritmo, qualche trovata riuscita, un montaggio veloce, accompagnato quasi sempre dalla musica. Inutile cercare paragoni col passato; questa versione non segue quel gusto per il kitsch d’autore di Blake Edwards, ma una comicità demenziale tipica delle commedie americane (la serie della Pallottola Spuntata o di Hot Shots!), qua e la un pò volgaruccia, con frenetiche gags visive di una buffoneria priva di autentici graffi satirici. Steve Martin ha affermato in conferenza stampa che alcuni film, come Casablanca, non possono avere remake perché sono compiuti e perfetti in sé, legati al momento in cui sono stati realizzati; altri, come La Pantera Rosa, possono rinnovarsi nei tempi e nella comicità, anche per piacere a chi non conosce gli originali. In questo rinnovamento, però, si deve avvertire sensibilmente la presenza del regista contemporaneo, che non può non fare i conti con le scelte di rappresentazione di chi lo ha preceduto, arricchendosi in profondità e sfumature; e soprattutto, il remake deve nascere dal rinnovato contesto culturale. Nella Pantera Rosa, al contrario, ritroviamo l’inclinazione alla serialità che contraddistingue la produzione ed il consumo odierni in ogni settore artistico. La mancanza di idee non legittima, però, lo sfruttamento del repertorio, e l’utilizzo dell’originale come infima materia prima, da plasmare a piacimento, ormai parte indissolubile dell’immaginario popolare. Lo spettatore d’annata, allettato dai ricordi, si aspetta di rivivere con entusiasmo le vecchie avventure, ritrovando un’attualità perduta attraverso accorgimenti tecnici e culturali; resterà deluso, ma questo non importa. I giovani ritroveranno nel film elementi costruiti per il loro gusto, e chiederanno un ulteriore remake del remake. Il successo al botteghino americano si spiega con la furbizia dell’operazione; inserire un mito del passato cinematografico in un contesto demenziale, mortificando il modello, sbandierando il simulacro di Clouseau e avvicinando i teenagers con qualche gag riuscita. Il montaggio agile e le musiche suadenti completano il quadro. Era necessario? Sicuraramente no. Va detto che gli autori hanno già ipotizzato la realizzazione di un nuovo capitolo. Qualunque cosa ne verrà fuori, sarà il seguito di una commedia con Steve Martin. Non della Pantera Rosa. Quella sicuramente non andava scomodata.
(The Pink Panther) Regia: Shawn Levy; soggetto: Blake Edwards, Maurice Richlin, Len Blum, Michael Saltzman; sceneggiatura: Len Blum, Steve Martin; fotografia: Jonathan Brown; montaggio: George Folsey jr, Brad E. Wilhite; musica: Christophe Beck; scenografia: Lilly Kilvert; costumi: Joseph G. Aulisi; interpreti: Steve Martin (Closeau), Kevin Kline (Dreyfus), Jean Reno (Gilbert Ponton), Beyoncé Knowles (Xania); produzione: Toby Jaffe, Tom Pollock, Ivan Reitman e Robert Simonds per the Montecito Picture Company, MGM, Robert Simonds Productions, International Production Company; distribuzione: 20th Century Fox Italia; origine: USA 2005; durata: 93’; web info: sito ufficiale
