La polvere del tempo

Dopo La sorgente del fiume, primo capitolo della trilogia storica del grande regista greco Theo Angelopoulos, ecco La polvere del tempo, opera affascinante e di grande forza espressiva. Tornano i temi cari al settantaquattrenne cineasta di Atene: i rapporti familiari, la ricerca delle radici e, soprattutto, una forte tendenza ad inserire piccoli drammi familiari che, come gocce d’acqua, vanno a perdersi nell’immenso oceano della Storia.
Un regista, A., sta girando un film sulla sua famiglia, i cui membri sono stati divisi per decenni per via di una serie di vicissitudini storiche e di giochi del destino. Spyros, suo padre, è un immigrato greco giunto in incognito in Unione Sovietica dove rincontra Eleni, suo amore di sempre. Durante un fugace incontro amoroso, nel giorno in cui è annunciata la morte di Stalin, viene concepito A., ma i due vengono arrestati e divisi. Eleni viene spedita in Siberia, mentre Spyros viene costretto a ritornare negli Stati Uniti, luogo in cui era emigrato dopo lo scoppio della guerra civile in Grecia. In Siberia Eleni conosce Jacob, un ebreo tedesco, che la aiuta ad emigrare a New York e ad incontrare, dopo molti anni, suo figlio A., fuggito in Canada al seguito dello scoppio della guerra in Vietnam. Dopo molti anni si rincontreranno tutti insieme a Berlino, poco dopo la caduta del muro, ma i festeggiamenti rischieranno di essere compromessi dal tentativo di suicidio di Eleni (adolescente figlia di A.).
Quello che potrebbe apparire come un classico dramma familiare, è in realtà la metafora di un eterno peregrinare nel tempo e nella storia. Dietro le vicende di una famiglia sparpagliata per il mondo si nasconde l’urgenza di inserire il singolo all’interno del tutto. Se ne La sorgente del fiume Angelopoulos raccontava le vicende del suonatore di fisarmonica e della sua compagna, con una grazia ed una spiritualità debitrici dell’influenza del grande cinema russo, in La polvere del tempo il regista porta al limite la sua tendenza a destreggiarsi nello spazio e nel tempo, ricreando un’atmosfera più che mai sospesa, riuscendo a rimanere in bilico fra realtà e ricordo, passato e presente. I continui flashback e sovrapposizioni temporali, che tanto ricordano l’approccio tarkovskijano ne Lo specchio, fanno si che la Storia venga riproposta in frammenti che, come detriti trascinati dalla corrente, emergono a galla per poi ritornare sul fondo della memoria.
Torna l’acqua, elemento primigenio e fonte di vita, come tema portante della poetica del regista; quell’acqua da cui ha origine l’esistenza e in cui l’esistenza stessa deve necessariamente terminare per trasformarsi in qualcos’altro. Torna la nebbia eterna in cui si muovono uomini e donne che cercano disperatamente i loro cari e in cui si incontrano e si scontrano intere generazioni sofferenti; tornano i grandi eventi storici di cui viene data solo la percezione più che un’inutile (in questo frangente) ricostruzione. Come ne Lo sguardo di Ulisse anche in questo caso un uomo cerca disperatamente di fissare il proprio sguardo, i ricordi e le sensazioni su una pellicola che forse non vedrà mai la luce.
Ciò che fa la differenza in La polvere del tempo non è solo la presenza di un cast sul quale qualsiasi commento può risultare superfluo, ma anche la straordinaria cura formale che caratterizza ogni opera del cineasta greco. La macchina da presa, tramite lunghe carrellate e piani-sequenza, insegue i personaggi che vagano nel tempo e fra ambienti distanti fra di loro. Tramite la costruzione impeccabile di ogni inquadratura, Angelopoulos scrive poesia tramite immagini supportate dai sempre azzeccati e struggenti temi di Eleni Karaindrou.
Più misurato rispetto al suo predecessore, La polvere del tempo è comunque un lavoro dal forte impatto emotivo e di grande complessità, in cui il taglio inconfondibile del regista greco si mescola con una poetica di kieslowskiana memoria e con l’ispirazione dei mistici russi, da Andrej Tarkovskij ad Aleksandr Sokurov. Rimaniamo in attesa del terzo ed ultimo capitolo che senza ombra di dubbio contribuirà a far entrare prepotentemente questa trilogia nella storia del cinema.
(Trilogia II: I skoni tou chronou ); Regia: Theo Angelopoulos; sceneggiatura: Theo Angelopoulos, Tonino Guerra; fotografia: Andreas Sinanos; montaggio: Yannis Tsitsopoulos; musica: Eleni Karaindrou; interpreti: Willem Dafoe (A.), Bruno Ganz (Jacob), Michel Piccoli (Spyros), Irene Jacob (Eleni); produzione: Theo Angelopoulos Film Production; origine: Grecia/Italia/Germania/Russia; durata: 125’.
