La prima cosa bella

La prima cosa bella è un film pieno di omaggi al grande cinema italiano popolare del passato, ma è fitto soprattutto di vita, di emozioni di diverso segno e di personaggi verosimili per cui è spontaneo provare affetto. E’ un bel film, ottimista più del solito per l’autore toscano, anche se amaro come sempre. Non grottesco, non nostalgico, costruito su una bella storia che ruota attorno alla figura di una madre. È un film sulla mamma, quindi, ma anche un omaggio a certe donne costantemente entusiaste di vivere, ed è un film sul tema della famiglia che si sofferma, con grande merito di regista e sceneggiatori (Francesco Bruni, Francesco Piccolo) su affetti e sentimenti profondi, positivi e negativi, i quali, centrifugati in una commedia "d’altri tempi" per forza espressiva, capacità di sballottare lo spettatore e abilità nel raccontare tempi e luoghi, vanno oltre il contesto socio-culturale in cui prendono forma e vivono della loro forza universale. Film colmo di sentimenti e ostile ad ogni sentimentalismo, pellicola sempre alla mano, immediata, genuina, sporca di vita e viscerale, La prima cosa bella è un film abitato da gente comune che parla come ha sentito fare per strada, che abita appartamenti umili di un quartiere popolare. Gente piena di tic e di difetti, mandria di facce che fanno tanta simpatia e che sono paradigma di tanta altra vita. La gente vivida e buffa di Paolo Virzì.
Ripassando in fretta il film, per tornare ai gustosi e commoventi anch’essi, omaggi alla grande tradizione cinematografica da cui Virzì attinge senza sosta (e per amore), notiamo facilmente come dietro il bellissimo personaggio di Anna, che nella sua spontanea e disperata vitalità risveglia e resuscita - è proprio il caso di dirlo - il personaggio meraviglioso e dolente della pietrangeliana Adriana del film Io la conoscevo bene (non è un caso che la protagonista adulta sia proprio la Sandrelli), possiamo trovare piccoli numerosi omaggi alle colonne portanti del nostro modo più sano e migliore di fare la commedia: quando la giovane Anna vestita con amore da Micaela Ramazzotti inciampa e chiede scusa durante un ricevimento, è chiaro il pensiero affettuoso del regista toscano ad un altro bel personaggio femminile del passato popolare cinematografico italiano: la Giovanna Ralli, Elide di C’eravamo tanto amati film col quale, tra l’altro, questo riuscito La prima cosa bella condivide il continuo salto avanti e indietro nel tempo storico italiano.
Le citazioni, dicevamo, molte, come quella diretta de La moglie del prete, regia di Dino Risi, 1970, che nel film ha la faccia di suo figlio Marco, altro piccolo momento di tenerezza, particolare delicato e significativo nel modo di fare cinema di Virzì: l’attenzione agli affetti, ai ricordi, alle origini. Oppure il finale a Cala Furia, il luogo di un altro finale leggendario, quello de Il Sorpasso, sempre di Dino Risi. E se quella scena era la fine di una vita breve, vissuta per un attimo prima di cessare per sempre, qui è l’inizio, forse, di una vita nuova, e vera, bloccata per troppo tempo dentro un ex bambino silenzioso e sensibile. Per finire con gli omaggi, menzioniamo la scena in cui Anna è introdotta da un "amico" ad un ricevimento. Quell’ “amico” ricorda molto il Nino Manfredi di Io la conoscevo bene, appunto, agente di bassa lega, poveraccio senza qualità. E lei è l’angelo sperduto ed incosciente che abbiamo inziato ad amare in quel film, e che ritroviamo oggi, per un’ intuizione nobile degli autori, risorta da quel volo tragico ed incapace di rinunciare a quella nuova vita a cui allore disse no. Ricordate l’aborto clandestino?
Ma al di là dell’omaggio ad Adriana, e di quello a tutte le ingenue e splendide ragazze che impattarono contro la società dello spettacolo e contro una sognata dolce vita amarissima, il personaggio di Anna è quello di una madre innamorata dei propri figli almeno quanto lo è della sua vita. Eppure è vittima della sua indole curiosa, gioiosa e libera. Su di lei, sulla sua fragile coerenza, sulla sua inguaribile e aggredita purezza, si esprime al massimo delle sue potenzialità il contesto provinciale italiano del dopoguerra. Contesto che il regista conosce bene e sul quale ha lavorato ben oltre Ovosodo, il suo terzo film, tenero, divertente e amaro, costruito addosso ai luoghi in cui Virzì è nato e cresciuto: Livorno. La provincia è stata raccontata dal regista anche con La bella vita (esordio pregevole), Caterina va in città e My name is Tanino, senza dimenticare che dalla provincia arrivava anche la protagonista di Tutta la vita davanti: la silenziosa osservatrice Isabella Ragonese, in quel gioco di sguardi e amplessi tra capitale e piccoli centri che è luogo ricorrente nel cinema di Virzì. La provincia di La prima cosa bella è il luogo di un’anima divisa in due, metà amore e metà sofferenza, un’anima sconvolta e lacerata come quella del figlio maschio di questa Anna libera e colpevole di esserlo, dopo esser stata costretta a lasciare casa dal marito amato solo perché le chiacchiere della gente avevano trasformato una foto ricordo in una specie di piccolo scandalo locale, di potenziale "dramma della gelosia", per rimanere sulle citazioni. Sul sorriso senza calcolo e senza barriere di questa ragazza di periferia, sul suo corpo delizioso reso ancora più appetibile da una semplicità popolare e svampita, si concentrano le mire dei soliti "mostri" di un’Italia che ha già detto da tempo addio al boom, visto che il film parte dai primi anni ’70 (lo dicono la canzone che dà il titolo all’opera e l’anno in cui venne realizzato La moglie del prete, del 1970, appunto). Ma sulla leggerezza imbarazzante di Anna, nella sua tendenza incosciente ad abbandonarsi al sogno e alla speranza, impattano i bisogni dei due figli indifesi di questa energica donna, incapaci, poi, una volta adulti, di vivere l’amore e la propria identità in maniera libera. Se Bruno è totalmente chiuso e per sua stessa ammissione "del tutto infelice", la sorella Valeria si è accontentata di tutte quelle sicurezze che l’infanzia non le ha dato, e per questo si è negata la possibilità di conoscere se stessa e quindi scegliere le persone con cui essere veramente felice. È un film sulla complessità dell’essere genitore, La prima cosa bella, e se una frase pesante come quella che Bruno (un ottimo Valerio Mastandrea) spara in faccia ad un neo fratello appena conosciuto ("La mamma mi ha rovinato la vita, se vieni a conoscerla la rovinerà anche a te") può far pensare ad un vero fallimento, nel momento in cui la vita di questa donna sta per finire, tutti i suoi affetti sono là, remoti e recenti, a soffrire e piangere, ad imparare, forse fuori tempo massimo, ciò che in passato era impossibile capire. È cioè le ragioni e le virtù di questa donna mai incline al compromesso o al buon senso piccolo borghese. Malgrado tutto, il sentimento verso questa madre non convenzionale è enorme anche da parte di quelli che hanno pagato un prezzo molto alto. Ed il finale, ottimista e pieno di ossigeno, libera tutti come una tana, da quel magone che non andava né su e né giù. E se La prima cosa bella è anche un film sulla famiglia, e su quanto questa condizioni la nostra vita, negli occhi prima, e nella vita poi (basta guardare questo splendido primogenito chiuso e silenzioso), non è solo un film su una donna, come non è solo un film sulla mamma e non è solo un film sulla famiglia, perché, a differenza di altri film del regista in cui si finiva con un senso di amarezza profonda addosso, e nei quali gli aspetti sociali dei personaggi erano sempre determinanti, c’è qui un radicamento sugli affetti e sui sentimenti puri che si risolve, malgrado tutto, in una specie di inno alla vita, in un invito alla leggerezza e all’amore, al di là di ogni contesto sociale.
Perfetta, per finire, la ricostruzione del contesto provinciale, buonissima l’attenzione dei personaggi alle sfumature dialettali, notevole il ritmo impresso sul film, ed il calore portato da tutte le anime di contorno: dalla neo compagna del padre (quando parla dell’orgoglio che impedisce di amare) al vicino di casa da sempre innamorato di una donna amabile (il bravo Marco Messeri).
La prima cosa bella, film ricco di umanità, forse eccessivamente lungo, è un altro bel lavoro italiano recente, assieme a quello di Verdone e, soprattutto, a quello di Rubini. Autori di commedie italiane di valore, ognuno col suo stile e con i suoi contenuti. Segnali positivi ed è giusto, oltreché piacevole, segnalarlo.
Regia: Paolo Virzì; Sceneggiatura: Francesco Piccolo, Paolo Virzì, Francesco Bruni; Montaggio: Simone Manetti; Fotografia: Nicola Pecorini, Interpreti: Stefania Sandrelli, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Claudia Pandolfi, Marco Messeri; Musiche: Carlo Virzì; Produzione: Medusa Film, Indiana Production Company, Motorino Amaranto; Distribuzione: Medusa film.
