La sedia della felicità

Stavolta è soprattutto leggerezza, alla fine addirittura favola, allegria e comicità. Eppure è ancora gente semplice che sopravvive chiusa in un angolo di periferia, che poi è ancora Nord Est, ancora spazio pazzo per quel che vi succede: giganteschi ristoranti cinesi, preti che si mangiano tutto al video poker, pescivendoli collezionisti di sedie fuori di testa, maghi truffaldini. Ecco, facce, oltre, e forse ancora più che spazi, stavolta presenze, storie appena accennate, sfiorate dalla vicenda del film, che fanno del territorio pennellato dal regista, una terra sottosopra che odora di disordine e di confusione mentale. Ma non stereotipo del non luogo, al contrario superficie frastornata e sofferente, infiammata di mille cortocircuiti, ma viva. Quell’Italia in alto a destra, di Mazzacurati per nascita e per la voglia costante di raccontarla. Terra sciolta dal fiume e morsa dal mare, che il regista veneto dipinge sempre con umana compassione, e pure un po’ come se fosse l’America. Si sente Hopper nel cinema di Mazzacurati, si sentono i Coen dei soli, dei perdenti che lottano, dei personaggi assurdi che compaiono all’improvviso. Ma si sente anche Wes Anderson, stavolta, insieme a Miyazaki, pensa te, in questo film giocoso e delicato, La sedia della felicità, dove c’è meno spazio per la malinconia rispetto alle commedie precedenti, La passione e La lingua del santo. Là il dolore dei personaggi e il loro smarrimento saltavano fuori nettamente tra una risata e l’altra; qui si lavora meno all’italiana, seppur si cerchi di raccontare il presente, e si riesca pure bene a farlo. Purezze fatte di normalità si fanno il sangue amaro per arrivare alla fine del mese, un tatuatore giunto lì per un amore poi andato a rotoli (Mastandrea) e un’estetista variopinta (Ragonese), sono vicini di negozio e combattono ogni giorno con clienti che non pagano e fornitori che ovviamente vogliono essere pagati. Fino a che scoprono che nel salotto di una donna morta c’è una sedia che contiene un gran tesoro (forse!!!), frutto di un’antica rapina. E’ la storia, quindi, di una coppia che per caso si trova ad inseguire un sogno, e mentre lo fa viaggia verso una libertà magica e poetica, intenerendo e divertendo chi guarda con dei toni che raramente il nostro cinema regala. Mazzacurati se ne è andato dopo questa pellicola, e il suo cinema si ferma qui. Dispiace, e tanto, ma questo suo ultimo film, che gli somiglia ancora più degli altri, ce lo fa salutare con un grande sorriso, nel modo che lui avrebbe preferito.
Regia: Carlo Mazzacurati; Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Marco Pettenello, Carlo Mazzacurati; Fotografia: Luca Bigazzi; Montaggio: Clelio Benvenuto; Interpreti: Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Katia Ricciarelli, Raul Cremona, Marco Marzocca, Milena Vukotic, Roberto Citran, Natalino Balasso, Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando; Produzione: ANGELO BARBAGALLO PER BIBI FILM CON RAI CINEMA; Distribuzione: 01 DISTRIBUTION (2014)
