La terza madre
Tutto ha inizio con una chiamata dall’aldilà. Dalla cornetta del telefono un fruscio insistente e in lontananza una voce fioca, mite e allo stesso tempo spaventosa. La terza madre, opera conclusiva della trilogia delle tre terribili streghe, Mater Sospiriorum, Mater Taenebrarum e Mater Lacrimarum, iniziata da Dario Argento trent’anni fa con Suspiria e proseguita con Inferno nel 1980, ha il suo incipit vero e proprio in un contatto ultraterreno.
Non soltanto in quello ricevuto da Sara, una quanto mai in parte Asia Argento, all’inizio del film stesso, bensì ancor di più nella misteriosa chiamata che all’incirca quattro anni fa lo stesso Dario Argento asserisce di aver ricevuto mentre era intento a scrivere la sceneggiatura de Il Cartaio. In quella telefonata al regista romano è sembrato di riconoscere la voce del padre, morto diversi anni prima, il quale stava cercando di entrare in contatto con il figlio per metterlo in guardia da possibili eventi nefasti. È da qui che nasce l’idea de La terza madre, l’opera cinematografica più completa ed interessante di Argento degli ultimi dieci anni. Un aneddoto che raccontiamo perché mette in risalto l’aspetto più curioso del film, il continuo scambio di livelli tra naturale e soprannaturale, che ben si dipana per tutti i novanta minuti della sua durata negli splendidi e terrorizzati occhi di Sara.
Se Suspiria giocava sulla tensione e sulla suspense, date dalla sfavillante fotografia di Luciano Tovoli, dalla colonna sonora dei Goblin e dalle inquietanti inquadrature con cui ci veniva mostrata la scuola di danza di Friburgo, e se Inferno si presentava, e si presenta ancora oggi, come l’opera più allucinata e sconclusionata della filmografia del maestro del brivido, capace di terrorizzare e di mettere a disagio lo spettatore solo ed esclusivamente attraverso l’ambiguità delle sue immagini, La terza madre è senza alcun dubbio il più truculento e visionario di tutti.
Già con i suoi due episodi della serie Masters of Horror (Jenifer e Pelts) Argento, aveva dimostrato che, potendo lavorare in pinea libertà, il suo tocco è ancora quello di una volta e di essere capace, a differenza della maggior parte degli attuali registi di questo genere, di riuscire ad abbinare suspense e splatter, senza che l’uno vada ad incidere negativamente sull’altro.
È questo che colpisce di più del film sulla madre delle lacrime, il fatto di riuscire a far “digerire” le immagini più dure anche a chi è debole di stomaco, perché nelle mani di Argento queste assumono un aspetto scenografico quasi ipnotizzante che ti invogliano a proseguire nel viaggio intrapreso tra urne antiche e catacombe per scoprire il finale della storia.
La continuità nella discontinuità narrativa di tutti e tre gli episodi rappresenta il vero legame tra i tre film, opere assolutamente slegate tra loro che però viste in rapida successione acquistano un senso ancora maggiore.
Premesso ciò, va anche detto che il film soprattutto da un punto di vista della sceneggiatura presenta diverse lacune, forse in parte dovute alle tante teste che hanno messo mano alla stesura della stessa e che due validissimi sceneggiatori americani come Adam Gierasch e Jace Anderson non sono riusciti a colmare. Ma dopotutto il regista romano ha più volte affermato che a lui essere lineare o verosimile interessa poco o niente, in quanto il suo cinema è e sarà sempre un cinema fatto di emozioni e stati d’animo. È infatti nell’incredibile susseguirsi di emozioni contrastanti che il film da il meglio di sé, lasciando lo spettatore interdetto e disorientato, proprio come quando si scende dalle montagne russe al luna park.
Insomma un film divertente e divertito che pur non essendo il migliore di Argento è sicuramente la prova che il regista ha ancora tanto talento e che dopo qualche defaillance è tornato ad essere l’indiscusso maestro del cinema horror. Per finire un plauso va fatto al sempre piu bravo Frederic Fasano, che ci regala una fotografia molto pulita e a tratti geniale, rendendo perfettamente l’idea argentiana di visioni e allucinazioni, mentre le musiche di Simonetti purtoppo non sempre sono d’aiuto al film, anzi molto spesso diventano invasive, sembrano quasi voler diventare le protagoniste indiscusse della pellicola. Ma dopotutto che Argento’s movie sarebbe se non ci fossero le musiche del mitico Claudio Simonetti?
(La terza madre); Regia e soggetto: Dario Argento; sceneggiatura: Dario Argento, Adam Gierasch, Jace anderson, Simona Simonetti, Walter Fasano; fotografia: Frederic Fasano; montaggio: Walter Fasano; musica: Claudio Simonetti; interpreti: Asia Argento, Udo Kier, Philippe Leroy, Moran Atias, Tommaso Banfi; produzione: Opera film; distribuzione: Medusa; origine: Italia, 2007; durata: 93’