LA VITA E’ UN MIRACOLO

Sembra quasi che questa gente sia in grado di trasformare il dramma del proprio paese in una polveriera d’emozioni sgorgante da un vitalismo atavico e genetico. Ci sarà comunque una festa ubriaca ad anticipare il dolore, consolarlo, esorcizzarlo e sancirlo. La musica parte da un villaggio illuminato di lucette, apparecchiato a cerimonia, e diventa sempre più assordante, fino a penetrare il mondo separato dello spettatore. Lo invita al ballo, al dramma festoso, lo obbliga alla partecipazione. Grosse risate di gente in camicia bianca e baffi neri si confondono con le trombe e le gran casse; il vino cade sul bianco delle tovaglie e dei vestiti, li sporca, ma alimenta le speranze e fa sembrare meno insopportabili le brutte notizie. Sacro e profano danzano insieme a uomini, animali e cose fino a svenire sbronzi assieme a loro: chi da solo, grasso, caricato a salve; chi in amore, giovane, sognatore, volante. E’ un paese meraviglioso e lacerato, quello cantato con voce roca, grezza e inconfondibile dal poeta più famoso d’un popolo che appare caldo, un po’ folle, barboso e scazzottante. Un misto di colpa e di speranza investe generazioni diverse, mostra loro i passi del proprio, infinito novecento e del personale, travagliato viverci attraverso. Gli umani di questi verdi e scoscesi spazi contadini si nutrono di passioni divoranti, salva-esistenza, ammazza-guerra, partorisci-vita, e permettono al cinema di Emir Kusturica di continuare a mescolare tutti i suoi elementi e a farli vibrare carnevalescamente: gioia e sofferenza, passato e futuro, assurdo e quotidiano, realtà e magia, fisarmonica e cannone, matrimoni e assassinii, calcio e politica, orgoglio e debolezza, antropologia e favola, arte e Storia. Gli ingredienti del suo poema continuano a bollire in un pentolone colorato che produce inesauribile energia; la messa in scena è ancora enfatica, come la recitazione, i movimenti di macchina e la vita stessa dei personaggi. La storia si fa da sola sulla pelle della gente e non è arte, non è racconto e non ha nessun desiderio. Il cinema, al contrario, lo stesso che può provocare, illuminare, descrivere, far ricordare, lo fa un uomo solo, e per motivi, molto spesso, personali. Quello del regista nato a Sarajevo nel ’54 dipinge pesci colorati e fa volare gli innamorati su un tappeto o sulla macchina volante (come in Arizona Dream). E’ fantasia, visione, poesia, ricordo: emozione storica. E’ storico il comunismo che diventa il proprio, mostruoso, felliniano comunismo; E’ storico lo Stalin misterioso uomo coi baffi, che forse è un compagno d’affari del papà, e storico è il sogno di scalare cadillac fino al cielo. E’ storico il palcoscenico su cui il musicista viscerale e visionario canta dell’amore e del desiderio e della tragedia, infinita, della sua amata terra e della sua gente. E storico è il tessuto doloroso e testardo su cui l’artista sognatore pone i suoi potentissimi sogni. Con questi sogni Emir Kusturica trasforma il dramma, la storia, la vita in un miracolo.
Gennaio 2005
regia: Emir Kusturica, sceneggiatura: Ranko Bozic, Emir Kusturica. fotografia: Michel Amathieumontaggio: Zvetolic Mica Zajc, musica: Emir Kusturica, Dejan Sparavalo, interpreti: Slavko Stimac, Natasa Solak, Vesna Trivalic, Vuk Kostic, produzione: Les films alain sarde, Cabiria film, studiocanal, france 2 cinema, distribuzione: Fandango
