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LA VITA E’ UN MIRACOLO

Pubblicato il 17 gennaio 2005 da Edoardo Zaccagnini


LA VITA E' UN MIRACOLO

Sembra quasi che questa gente sia in grado di trasformare il dramma del proprio paese in una polveriera d’emozioni sgorgante da un vitalismo atavico e genetico. Ci sarà comunque una festa ubriaca ad anticipare il dolore, consolarlo, esorcizzarlo e sancirlo. La musica parte da un villaggio illuminato di lucette, apparecchiato a cerimonia, e diventa sempre più assordante, fino a penetrare il mondo separato dello spettatore. Lo invita al ballo, al dramma festoso, lo obbliga alla partecipazione. Grosse risate di gente in camicia bianca e baffi neri si confondono con le trombe e le gran casse; il vino cade sul bianco delle tovaglie e dei vestiti, li sporca, ma alimenta le speranze e fa sembrare meno insopportabili le brutte notizie. Sacro e profano danzano insieme a uomini, animali e cose fino a svenire sbronzi assieme a loro: chi da solo, grasso, caricato a salve; chi in amore, giovane, sognatore, volante. E’ un paese meraviglioso e lacerato, quello cantato con voce roca, grezza e inconfondibile dal poeta più famoso d’un popolo che appare caldo, un po’ folle, barboso e scazzottante. Un misto di colpa e di speranza investe generazioni diverse, mostra loro i passi del proprio, infinito novecento e del personale, travagliato viverci attraverso. Gli umani di questi verdi e scoscesi spazi contadini si nutrono di passioni divoranti, salva-esistenza, ammazza-guerra, partorisci-vita, e permettono al cinema di Emir Kusturica di continuare a mescolare tutti i suoi elementi e a farli vibrare carnevalescamente: gioia e sofferenza, passato e futuro, assurdo e quotidiano, realtà e magia, fisarmonica e cannone, matrimoni e assassinii, calcio e politica, orgoglio e debolezza, antropologia e favola, arte e Storia. Gli ingredienti del suo poema continuano a bollire in un pentolone colorato che produce inesauribile energia; la messa in scena è ancora enfatica, come la recitazione, i movimenti di macchina e la vita stessa dei personaggi. La storia si fa da sola sulla pelle della gente e non è arte, non è racconto e non ha nessun desiderio. Il cinema, al contrario, lo stesso che può provocare, illuminare, descrivere, far ricordare, lo fa un uomo solo, e per motivi, molto spesso, personali. Quello del regista nato a Sarajevo nel ’54 dipinge pesci colorati e fa volare gli innamorati su un tappeto o sulla macchina volante (come in Arizona Dream). E’ fantasia, visione, poesia, ricordo: emozione storica. E’ storico il comunismo che diventa il proprio, mostruoso, felliniano comunismo; E’ storico lo Stalin misterioso uomo coi baffi, che forse è un compagno d’affari del papà, e storico è il sogno di scalare cadillac fino al cielo. E’ storico il palcoscenico su cui il musicista viscerale e visionario canta dell’amore e del desiderio e della tragedia, infinita, della sua amata terra e della sua gente. E storico è il tessuto doloroso e testardo su cui l’artista sognatore pone i suoi potentissimi sogni. Con questi sogni Emir Kusturica trasforma il dramma, la storia, la vita in un miracolo.

Gennaio 2005

regia: Emir Kusturica, sceneggiatura: Ranko Bozic, Emir Kusturica. fotografia: Michel Amathieumontaggio: Zvetolic Mica Zajc, musica: Emir Kusturica, Dejan Sparavalo, interpreti: Slavko Stimac, Natasa Solak, Vesna Trivalic, Vuk Kostic, produzione: Les films alain sarde, Cabiria film, studiocanal, france 2 cinema, distribuzione: Fandango

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