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LA VITA SEGRETA DELLE PAROLE

Pubblicato il 19 marzo 2006 da Matteo Botrugno


LA VITA SEGRETA DELLE PAROLE

Storie di vita che si intrecciano su una piattaforma petrolifera. Hanna (Sarah Polley), giovane operaia sorda, viene costretta a prendersi un mese di vacanza dal suo capo. E’ un’emarginata, silenziosa, soggetta a crisi isteriche, abitudinaria nel mangiare. Per caso si ritrova a prestare cura come infermiera ad un uomo, Josef (Tim Robbins), gravemente ustionato e temporaneamente cieco dopo un incidente sulla piattaforma. Hanna inizialmente molto diffidente nei confronti di Joseph, si nasconde nel suo silenzio, mostrandosi fredda e distante nei confronti della gente che la circonda.
La prima metà del film può ricordare Le onde del destino di Lars Von Trier poiché la location, l’invalidità di Josef, le tinte cromatiche blu/grigie e l’uso costante della camera a mano lasciano intravedere una certa somiglianza con il film dell’autore danese. Ma Isabelle Coixet riesce ad andare oltre, descrivendo una storia d’amore che nasce in un silenzio che cela il ricordo del dolore e della sofferenza di Hanna, vittima di stupri e torture durante la guerra nei Balcani. La sensazione di dolore fisico fa riaffiorare in Josef i ricordi dei traumi infantili, sotterrati dal tempo e dal silenzio; egli si fida di Hanna, che a sua volta esce faticosamente dall’incubo dell’incomprensione, ricambiando la fiducia dell’uomo con il racconto della sua storia e facendogli toccare le cicatrici provocate dalle torture subite.
Isabelle Coixet costruisce i due personaggi in maniera impeccabile, come altrettanto riuscite sono le figure degli altri abitanti della piattaforma. Il cuoco spagnolo che prepara ogni giorno un piatto diverso diventa l’immagine della speranza, così come l’oceanografo che cerca di dimostrare quanto siano nocivi gli effetti del petrolio sulla fauna marina rappresenta l’altra faccia della medaglia, ciò che Hanna non riesce a fare: sperare. Ci riuscirà però con l’aiuto di Josef.
La vita segreta delle parole, sempre lontano dalla facile retorica, subisce un lieve calo d’intensità nella parte conclusiva, specialmente durante l’incontro tra Josef e la psicologa di Hanna, in cui il mieloso e il luogo comune prendono purtroppo il sopravvento. Ma il lieto fine non è una concessione allo spettatore che per quasi due ore è stato accompagnato dai due protagonisti alla scoperta dell’essenza stessa del dramma umano, ma un invito a non lasciarsi andare, ad aprirsi alla speranza, a non dimenticare il dolore e la sofferenza provati, ma a ricercare in essi la forza per andare avanti, anche se faticosamente.
La Coixet dipinge il mondo interiore dell’uomo come una piattaforma isolata in mezzo al mare, e il dolore come le onde che di continuo si infrangono sulle colonne che la sorreggono; costruisce personaggi credibili e mai piatti, anche grazie a una sceneggiatura riuscita (scritta tra l’altro dalla stessa regista) e all’utilizzo di ottimi interpreti tra cui spicca, oltre ai due protagonisti, anche Javier Càmara (il cuoco). La regista sembra aver diviso il film in due parti: la prima dedicata al silenzio e alla resa in immagini dell’idea di solitudine; nella seconda invece si avverte l’esplosione della vitalità tramite la parola, che giunge inaspettata e violenta come il temporale che si abbatte all’improvviso sulla piattaforma.
Operazione difficile quella di parlare di dolore, sofferenza e speranza senza cadere nel patetico, ma la Coixet ci riesce e centra l’obiettivo con un lavoro di grande profondità e forza espressiva.

(La vida secreta de las palabras) Regia, soggetto e sceneggiatura: Isabel Coixet; fotografia: Jean_Claude Larrieu; montaggio: Irene Blecua; scenografia: Pierre-Francois Limbosch; costumi: Tatiana Hernandez; interpreti: Sarah Polley (Hanna), Tim Robbins (Josef), Javier Camarà (Simon), Eddie Marsan (Victor), Steven Mackintosh (Dr. Sullitzer), Julie Christie (Inge); produzione: Ester Garcia per El Deseo S.A., Mediaproduction S.L.; distribuzione: BIM; origine: Spagna; durata: 112’; web info: sito ufficiale.

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