La volpe e la bambina

Che cos’è un colpo di fulmine? E’ incrociare uno sguardo e sapere che l’altro è destinato a far parte della propria vita, è sentire una fitta allo stomaco che avverte della necessità di incontrarsi di nuovo e scoprirsi di più, a poco a poco: c’è un colpo di fulmine alla base della magica avventura che coinvolge queste due tenere e affascinanti creature, la Volpe e la Bambina, un’affinità elettiva che arriva a sfidare le leggi naturali, come ogni coppia fatalmente impossibile.
E c’è nel delizioso film di Luc Jacquet, già regista del documentario premio Oscar La marcia dei pinguini, anche un altro atto d’amore, quello dell’autore nei confronti dei luoghi incontaminati teatro della storia, di quei boschi in cui la natura svela e mette in scena se stessa, con rituali che rivelano il loro carattere spettacolare a una macchina da presa attenta ed esperta, che sa come e cosa guardare: pensiamo alla suspense altissima suscitata dall’inseguimento tra la lince e la volpe o al senso di vertigine che si prova al cospetto della natura maestosa, dinanzi alla quale l’essere umano si sente costantemente inadeguato.
La presenza umana non può non influire sull’approccio dell’autore, che dà vita a un racconto forse meno estremo rispetto all’epopea del pinguino Imperatore, ma non per questo meno affascinante, in cui l’essere umano, da spettatore invisibile, diventa la chiave per l’esplorazione del mondo naturale.
D’altronde, il ritorno allo stato di natura, l’anelito dell’uomo a rientrare nel ‘cerchio della vita’ sembra un’esigenza sempre più pressante, avvertita e narrata anche nell’empatica pellicola di Sean Penn, Into the wild, che tuttavia negava la compenetrazione dell’elemento naturale da parte dell’individuo, almeno fino al momento estremo della morte.
Se Chris McCandless restava sostanzialmente estraneo alla natura in cui si era rifugiato, ‘tradito’ infine da una pianta che non conosce e che lo uccide, è perché l’uomo storico presente in lui non è ancora morto, nonostante i suoi tentativi di sradicare da sé ogni residuo ‘culturale’.
Ma la Bambina del film di Jacquet è diversa: l’infanzia, età simbolica in cui ancora pulsa forte l’istinto naturale, fa sì che questo incontro possa avvenire e protrarsi a lungo, almeno finché l’inclinazione umana al possesso, al controllo sulla natura non prende il sopravvento, delineando a suo modo l’avvenuto distacco dal sé-bambino e un primo, incerto passo verso il mondo adulto.
Questi, però, sono soltanto dei sottotesti lanciati con grazia dall’autore, che affiorano in alcuni momenti della proiezione senza tuttavia intaccare l’atmosfera magica del racconto. La vittoria di Jacquet con questo piccolo conte de fées sta soprattutto nell’essere riuscito a immergere lo spettatore in un mondo altrimenti inavvicinabile, popolato di creature che noi, assieme alla Bambina, ci divertiamo ad osservare con lo stesso autentico stupore. E anche, una volta tanto, a far sì che sia l’essere umano a somigliare all’animale – la protagonista Bertille Noël-Bruneau è davvero una deliziosa volpe, agile, dai capelli fulvi e lo sguardo vivace – in barba agli stereotipi antropomorfi degli animali disneyani a cui siamo fin troppo assuefatti.
Non manca più di un riferimento all’universo fiabesco, da Il piccolo principe, con la sua volpe da addomesticare, o addirittura a Biancaneve, quando la protagonista si perde di notte nel bosco che pare animarsi in maniera inquietante, con rumori e bagliori indecifrabili.
Ma alla fiaba appartengono soprattutto due convenzioni: quella sospensione spazio-temporale che avvolge la vicenda in un clima da C’era una volta, tagliando fuori dal racconto ogni dettaglio prosaico legato alla quotidianità (la Bambina non ha nome e indossa un unico abito, che la fa somigliare a uno spirito dei boschi) e l’uso della voce narrante che toglie immediatezza – e forse anche verità – alle immagini per riconsegnarle al Mito.
E se nella versione originale la narratrice (la Bambina ormai adulta e madre a sua volta) è Isabelle Carré, a noi tocca la voce di Ambra Angiolini, coinvolta e appassionata ma forse troppo inesperta per un simile compito.
(Le Renard et l’Enfant); Regia e soggetto: Luc Jacquet; sceneggiatura e adattamento:Luc Jacquet, Eric Rognard; fotografia: Gérard Simon (A.F.C.) Eric Dumage (A.F.C.) François Royet; montaggio: Sabine Emiliani; musica: Evgueni Galperine, Alice Lewis, David Reyes; interpreti: Bertille Noël-Bruneau (la Bambina); produzione: Yves Darondeau, Christophe Lioud, Emmanuel Priou, Bonne Pioche Productions, France 3 Cinéma, Canal +; distribuzione: Wild Bunch; origine: Francia 2008; durata: 91’; web info: sito italiano
