Lascia perdere, Johnny

L’incoscienza ed i colori degli anni ’70, le atmosfere magiche quasi fatte apposta per sognarci dentro. E poi la musica ad abbracciare il tutto; lenta, melodica, interpretata per sussurri piuttosto che urlata. Insieme le aspirazioni di un ragazzo del sud ed il suo amore per la chitarra, per un mondo che prima lo invita e poi parrebbe abbandonarlo sempre sul più bello. Di sfondo la provincia campana, i concerti per le piccole sagre, per gli sperduti centri dell’entroterra partenopeo. E ancora la materia umana, personaggi irripetibili nell’oggi contemporaneo ma assoluti protagonisti di quegli anni.
Di tutto questo Fabrizio Bentivoglio (musicista oltre che attore) anima il suo esordio alla regia. Lascia perdere, Johnny è il racconto di un mondo che non c’è più ma quasi umanamente è ricordato come mitico, ed è anche il racconto degli inizi (ma forse sarebbe più giusto dire delle origini degli inizi) di un giovane musicista che scopriremo essere, almeno nella suggestione, Fausto Mesolella degli Avion Travel.
Bella la fase iniziale, il film non annoia, segue un ritmo personale ma coinvolgente e la narrazione procede grazie anche ad interpreti eccezionali, Tony Servillo su tutti, senza però dimenticare lo stesso Bentivoglio in un ruolo a lui pienamente congeniale. Sono molte le sfumature che colorano la prima mezz’ora, si avverte una consistente malinconia da parte del regista nella rievocazione degli anni della sua adolescenza ed è molto bella e personale la galleria di personaggi che ci viene presentata. Pur abbandonandosi a qualche pausa non troppo giustificata, Bentivoglio costruisce un meccanismo che sembra pienamente funzionare.
Poi qualcosa inizia ad incepparsi, a perdere piena consapevolezza. La storia smarrisce la leggerezza tipica dell’evocazione, conminciando ad appesantirsi e a procedere seguendo un montaggio non sempre ben decifrabile. Viene meno il gioco di sensazioni che, invece, accompagna la prima parte del film. Non cessano alcuni momenti piuttosto divertenti, ma sembrano provenire più dalla capacità degli interpreti che non dalla struttura del film vero e proprio.
È un peccato perché la pellicola possiede degli spunti notevoli sia narrativamente che dal punto di vista visivo. La fotografia (Bigazzi) è molto precisa, storicamente accurata ed attenta a non perdere mai il senso ed il gusto del ricordo. Alcune inquadrature, soprattutto quelle che stringono sul volto degli interpreti, insistendo in un gioco di rimandi dialettici tra i vari personaggi, riescono a cristallizzarsi, ad arrivare prepotentemente a noi spettatori.
Lascia perdere, Johnny, non riesce però a lasciare soddisfatti del tutto, perché più dei suoi pregi arriva forte la sensazione di un non compiuto, di qualcosa di pregio in potenza ma che solo in parte si è trasformata in immagini.
(Lascia perdere, Johnny); Regia: Fabrizio Bentivoglio; soggetto: Fabrizio Bentivoglio, Umberto Contarello, Filippo Gravino, Guido Iuculiano; sceneggiatura: Fabrizio Bentivoglio, Umberto Contarello, Filippo Gravino, Guido Iuculiano, Valia Santella; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Esmeralda Calabria; interpreti: Antimo Merolillo (Fausto), Fabrizio Bentivoglio (Augusto Riverberi), Ernesto Mahieux (Raffaele Nigro), Lina Sastri (Vincenza), Peppe Servillo (Gino Glory), Valeria Golino (Annamaria), Toni Servillo (Domenico Falasco); produzione: Fandango, Medusa; distribuzione: Medusa Film; origine: Italia, 2007; durata: 104’
