Le 13 rose

Spagna, 1939. La guerra civile è al termine. I Republicanos si ritirano, le truppe governative e i sostenitori della Repubblica spagnola cedono le armi, quelli che erano i ribelli franchisti, i Nacionales, divengono i nuovi padroni della Spagna. Franco, Generalísimo de los ejércitos de Tierra, Mar y Aire, assume il potere nello stato, annunciando, il 1° Aprile, la fine della guerra. Inizia così un periodo di repressione, una caccia agli oppositori del regime, ai rojos, i rossi, i comunisti, da sempre nemici di Franco. Las 13 rosas, inizia proprio da qui, dall’entrata a Madird delle truppe franchiste, dalla fine della guerra civile e dall’inizio della dittatura del generalissimo.
Il racconto delle tredici rose narrata da Emilio Martínez Lázaro è la storia vera di tredici semplici donne spagnole. Giovani e giovanissime, madri, figlie, lavoratrici o ancora studentesse che ebbero l’ardire di avvicinarsi al partito comunista. Un’offesa questa che per un totalitarismo come quello di Franco equivaleva alla cospirazione. Un reato espiabile solo con il sangue. Che fossero dunque colpevoli o innocenti, ferventi cattoliche (come lo stesso partito franchista) o atee, comuniste o no, la fine loro destinata era la stessa: la fucilazione. Una condanna a morte come tragico risarcimento per le vittime della resistenza spagnola. Una condanna per atti che allora Franco considerava terroristi. Atti a cui noi, oggi, pensiamo come lotte per la liberazione spagnole.
Un film, Las 13 rosas, che vorrebbe, come dice didascalicamente nel suo stesso finale, far si che quegli atti, quel periodo, quel passato, non si dimentichi. Un film sull’importanza del ricordo e della memoria, ma anche, sul coraggio di compiere “la scelta giusta”. Temi così hanno però sempre, nel loro DNA, un alto rischio di scadere nel lacrimevole e nel didascalico. Rischio che nella pellicola di Emilio Martínez Lázaro diviene realtà. Girato a tratti in uno stile evidentemente televisivo, sempre troppo lindo e pulito, il film non riesce mai a sorreggere la tragicità del suo tema con la forza delle immagini. Il continuo ricorso ad icone e immagini dal forte impatto potenziale (le suore con il braccio teso, l’enorme torturatore), eccessivamente caricate, dimostra un uso didascalico della materia filmica, resa perciò spesso inefficace. Così come troppo didascalica appare la scelta di far pronunciare, alle protagoniste, le lettere scritte dalle vere tredici rose prima di esser fucilate. Quello che resta, quando si accendono le luci in sala, è dunque il sapore di un blockbuster, fatto più per prender qualche premio Goya che per lasciare lo spettatore sgomento per il ricordo di una così grande tragedia.
(Las 13 rosas); Regia:Emilio Martínez Lázaro; Sceneggiatura: Ignacio Martínez de Pisón; fotografia:José Luis Alcaine; montaggio: Fernando Pardo; musica: Roque Baños; interpreti: Pilar López de Ayala, Verónica Sánchez, Marta Etura, Nadia de Santiago, Gabriella Pession, Bárbara Lennie, Teresa Hurtado de Ory, Marta Aledo, Adriano Giannini, Félix Gómez, Enrico Lo Verso, Fran Perea, José Manuel Cervino; produzione: Enrique Cerezo Producciones Cinematograficas, Pedro Costa P.C.; distribuzione internazionale: Filmexport Group ;origine: Spagna, 2007; durata: 100’
