LE CHIAVI DI CASA

Ancora una volta Amelio struttura il suo film intorno ad un viaggio. Le chiavi di casa è simile per certi versi al Ladro di bambini (1992), con adulti inadeguati al loro ruolo (in quel caso il carabiniere interpretato da Enrico Lo Verso), che si trovano a dover gestire situazioni impreviste. Le differenze principali sono nel territorio fisico attraversato (nel primo l’Italia, in quest’ultimo la Germania e la Norvegia) e nelle persone coinvolte, qui un padre e un figlio. Gianni (Kim Rossi Stuart) prende in consegna alla stazione di Monaco di Baviera Paolo, suo figlio quindicenne, che non ha mai conosciuto e che ora deve condurre in una clinica. Un incontro tra due perfetti sconosciuti si potrebbe dire, in cui date le differenze è necessario che uno dei due si abbassi, si sposti, faccia spazio per favorire una possibile relazione. Per aver abbandonato Paolo appena nato, Gianni si sente in colpa, sa di dover recuperare, di dover fare qualcosa pur di riempire quel vuoto durato quindici anni. È bravo a sintonizzarsi emotivamente col bambino, a cercare di colmare la distanza fisica, la contraddizione tra un padre bello e abile e un figlio disabile. Paolo ha un alfabeto delle emozioni semplice ed essenziale, dispettoso ed esigente, tenero e pronto ad accogliere un padre che per tanto tempo è stato lontano. All’origine di Le chiavi di casa c’è la proposta fatta ad Amelio dalla Rai di trasporre per il cinema il romanzo di Ponitggia, Nati due volte. Dopo una prima lettura l’autore voleva rinunciare e invece ne è uscito un film che s’ispira sì a Pontiggia - da cui l’omaggio nei titoli di testa - ma che è in realtà infedele al romanzo. Ci sono poi degli elementi personali ad aver ispirato Amelio. Anche lui ha vissuto l’esperienza di non conoscere suo padre fino alla giovinezza. Inoltre, anche Stefano Rulli, uno degli sceneggiatori, ha un figlio disabile, Matteo, a cui è dedicato il film digitale presentato proprio quest’anno a Venezia: Un silenzio particolare. Insomma un percorso sensibile e lo si vede. Ma i temi di carattere etico politico tipici di Amelio cosa c’entrano con questa sua ultima opera? Lasciando l’Italia ha voluto forse mettere da parte una visione sociale per immergersi nel privato? Direi proprio di no. Amelio ha fatto un film scentrato, interamente costruito sui tempi di chi è generalmente estromesso dallo schermo (Paolo), spostando l’attenzione dall’attore (un Rossi Stuart veramente bravo nel lasciare spazio, lasciandosi guidare dall’altro protagonista) alla persona. In un’Italia egocentrica, dominata dalla dimensione spettacolare della vita, dirigere il proprio sguardo oltre i soliti noti, verso un’altra sensibilità, non è un gesto politico di grande importanza?
[settembre 2004]
Regia: Gianni Amelio Sceneggiatura: Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli Fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Simona Paggi Musica: Franco Piersanti Interpreti: Kim Rossi Stuart, Charlotte Rampling, Andrea Rossi, Pierfrancesc Favino Produzione: Pola Pandore Produktion, Achab Film, Rai Cinema, Arena Films, Pandora Produktion Durata: 105’ Origine: Italia 2004
