LE FERIE DI LICU

’Per l’onore dell’Italia, fuori Cina e Islam’. Questa scritta campeggia sulla serranda di una sartoria romana. Il giovane bengalese Licu scarica i vestiti e passa davanti alla scritta: sembra quasi non essersene accorto. Licu vive a Torpignattara, storico quartiere popolare della capitale, che da anni accoglie (più o meno) diverse comunità. La più grande, oltre a quella cinese, è proprio la comunità bengalese.
Dopo i buoni risultati riscontrati con il suo lungometraggio d’esordio Tu devi essere il lupo, Vittorio Moroni realizza un documentario che si rivela interessante non solo dal punto di vista cinematografico, ma anche a livello contenutistico. Il tema del lavoro degli immigrati in Italia è il punto di partenza di un lavoro che man mano ha cominciato a plasmarsi da sé. Durante le riprese, Licu, il ragazzo cui si è accennato in precedenza, riceve per posta alcune foto della ragazza destinata a diventare sua moglie. Riesce faticosamente ad ottenere un mese di ferie e vola in Bangladesh per sposarsi. L’attenzione di Moroni si sposta allora dalle condizioni lavorative degli extracomunitari alla figura di un ragazzo, il cui pensiero è sempre in bilico tra apertura all’occidente e rispetto per le tradizioni del suo paese e che sta per partire da Roma per sposare una donna che non conosce. Il regista segue l’avventura di Licu, immortalando volti, paure, sorrisi e, soprattutto, ponendosi una domanda fondamentale: ’Ci si può amare senza conoscersi’?
Due anni e otto mesi di riprese. La vita e il lavoro in Italia, il matrimonio in Bangladesh e il ritorno a Roma di una coppia nata da un matrimonio combinato. Il compito di Moroni è stato particolarmente delicato. Lo scontro fra culture e i problemi di integrazione sono ormai all’ordine del giorno, e quando si affrontano argomenti di questo tipo in un’opera cinematografica si corre spesso il rischio di cadere nella retorica da una parte e, dall’altra, in giudizi aprioristici e intolleranti. Il pregio di questo film risiede invece proprio nella discrezione e nel desiderio di mostrare oggettivamente una realtà tanto vicina fisicamente, quanto lontana dalla società occidentale.
Il film diviene la sintesi di quello che siamo e del nostro rapporto con ‘l’altro’; d’altra parte, però, non ha la pretesa di sentenziare ciò che di giusto o di sbagliato vi sia nella nostra o nell’altrui cultura. Le ferie di Licu sembra quasi giungere in risposta ai recenti fatti di Milano, oltre che alle domande che spesso e volentieri la nostra società dimentica di porsi. Delicatezza e rispetto sono i fili conduttori di un lavoro che racconta una piccola storia che, necessariamente, prende le vesti di una metafora dei tempi moderni.
Lo sguardo malinconico di Fancy, le preoccupazioni di Liku e la vita che va avanti a Torpignattara. ’Ci si può amare senza conoscersi’? E’ una domanda tutta occidentale che probabilmente non avrà mai risposta. Ma è proprio tramite il dubbio che ci si allontana più facilmente da fasulle certezze precostituite. Ottimo e gradito ritorno di un regista che sa spaziare, selezionare, osservare in rispettoso silenzio.
(Id.) Regia: Vittorio Moroni; soggetto: Vittorio Moroni; sceneggiatura: Vittorio Moroni, Marco Piccarreda; fotografia: Vittorio Moroni, Marco Piccarreda, Habib Rahman; montaggio: Marco Piccarreda; musica: Mario Mariani; interpreti: Md Moazzem Hossain Licu, Fancy Khanam, Giulia Di Quilio, Khokan Miah, Anwar Khan, Andrea Wu, Syed Mohammed Alì, Mirco Tagliaferro, Arianna Marinazzo, Abdel Karim, Delowar Hossain Khan, Alessia Corazza; produzione: 50N; distribuzione: MYSELF (2007); origine: Italia; durata: 93’.
