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LE PRINCE

Pubblicato il 17 aprile 2005 da Edoardo Zaccagnini


LE PRINCE

Questo è un film di personaggi e una certa delicatezza. È una commedia semicorale e romantica composta da un girotondo di caricature che racchiudono un uomo e una donna che danzano in silenzio e si guardano senza darsi neppure un bacio. Lo promettono, tuttavia, allo spettatore che sta al gioco, attraverso un finale di regia che li vede guardarsi in primo piano ed esprimere, con piccoli movimenti facciali, tutta una serie di espressioni valide e convincenti. Dentro la danza quotidiana di un giovane fioraio, anonimo innamorato, e di una bellezza tunisina, in carriera e sola, il regista inventa un congegno su cui poggiare e sospendere tutta la ruota socio-sentimentale che descrive: fa un po’ quello che il regista di Sideways faceva col vino, e cioè costruisce intorno alla classicità, la meraviglia, la poesia e la semplicità dei fiori, un campo magnetico in cui significare il mondo esteriore della Tunisia contemporanea e quello interiore di certi personaggi che la abitano e la trasformano. La città che vediamo è trafficata e occidentalizzata, ha squilibri sociali e donne emancipate; mostra uomini deboli e il trionfo del potere del denaro. A quest’ultimo punto, tuttavia, si arriva in un modo curioso ed improvviso: per tutta la durata della storia si naviga verso la realizzazione del desiderio di superare la distanza che c’è tra chi ha i soldi ed è felice e chi non ce li ha ed è, per ciò, triste. Il film non sembra ribadire l’incolmabilità della distanza, perché alla fine la bella, ricca e indipendente ragazza di banca e affari, si lascia andare agli occhi neri e timidi del giovane fioraio impaurito e poverissimo. Ma alla fine, in quanto favola, dopo essersi mangiato il gap sociale e dedicato totalmente al sogno, il film si denuncia come tale: subito dopo gli sguardi che si lanciano le due anime pulite, al buio, in un ristorante fiorito, scorre un rap metropolitano, poggiato sulle vie di Tunisi, che grida come certe storie avvengano solo nei film, e come la vita, quella vera, di tutti i giorni, sia un’altra cosa e ben più triste e dura. Il regista pare regalare ai protagonisti “quattro passi tra le nuvole” e, della condizione di un paese, regala solo qualche interno e qualche scorcio. A differenza della favola blasettiana, questa si conclude con una precisazione stonata che distrugge la magia che superava il realismo. Rimane una regia che supera la sceneggiatura e i giovani che si allontanano dallo schematismo obsoleto dei padri.

[aprile 2005]

Regia: Mohamed Zran, Sceneggiatura: Mohamed Zran Fotografia: Tarek Ben Abdallah, Montaggio: Andrée Davanture, Suono: François Guillaume, Musica: Rabi Zammouri, Scenografia: Dorsaf Abderrazak Interpreti: Abdelmoneïm Chwayet, Sonia Mankaï, Mustapha Adouani, Ahmed Snoussi, Nasreddine Shili Durata: 108’, Produzione: Mohamed Zran per Sangho Films (Tunisia)


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