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Quattro notti di uno straniero

Pubblicato il 20 febbraio 2013 da Edoardo Zaccagnini
VOTO:


Quattro notti di uno straniero

Il cinema di Fabrizio Ferraro è lontano dall’Italia per idea ed impostazione, e perchè il regista inquadra spesso un paesaggio fuori dai confini nazionali. Più in generale la sua opera è fuori dal comune per tipo di autorialità e per concezione del mezzo. Il suo cinema, assolutamente non per tutti, è un continuo e silenzioso movimento dentro un ripetersi di spazi fermi. Dentro una cornice ed uno spazio dipinto in maniera affascinante, si muove una vita minuta e pulsante, con tutta la sua struggente e poetica bellezza. Con Ferraro ci siamo abituati a camminare dentro Parigi. L’avevamo percorsa senza guida turistica già col precedente Penultimo paesaggio, che con questo nuovo film completa un dittico sul contatto, stando alle parole dell’autore. Abbiamo imparato a scoprire delicatamente questa straordinaria città, a scrutarla come si fa quando si guarda da vicino una persona che ci interessa. L’abbiamo scoperta nuova, immagine dopo immagine, angolo dopo angolo, carezza dopo carezza. Per entrare in armonia con Ferraro, si deve abbandonare ogni tipo di comodità e di abitudine ad una narrazione chiusa. Si deve muovere lo sguardo dentro lo spazio costruito dal regista, architettura aperta, dinamica, bloccata dalla cornice ma viva ed inquieta al suo interno. Si può fare fatica, si può avere desiderio di rifiuto e ribellione al linguaggio estremo dell’autore. La luce, allora, può venire in soccorso, il valore pittorico del suo film sorregge ogni momento di una magrissima narrazione. L’illuminazione forma e scolpisce la pietra dei palazzi, il ferro dei ponti, ogni passaggio umano, tutto si fonde in un prezioso e armonico contrasto di bianco e di nero. E con la luce il suono, la musica che sfiora le immagini, le scalda di aria soffiata con dolcezza. Un cinema, quello di Ferraro, per alcuni respingente, ed è comprensibile, in fondo, ci si può chiedere, quanto cinema c’è nel suo modo di lavorare? Ma così come nello spazio apparentemente fermo che il cineasta costruisce, c’è in realtà movimento, così nel minimalismo ripetitivo dell’azione c’è invece l’essenza della vita umana. Tensioni, speranze, sforzi, desideri, stati d’animo. Un film di pochissime parole, e di tanto corpo che ne cerca altro, che lo scruta, che lo desidera e lo teme, che gli si avvicina e fugge, prima di avvicinarsi ancora con più decisione. Un desiderio di contatto, appunto, tutto immerso in un pienissimo e raffinato spazio.


CAST & CREDITS

Regia, sceneggiatura e fotografia: Fabrizio Ferraro; interpreti: Marco Teti, Caterina Gueli Rojo, produzione: BOUDU-PASSEPARTOUT IN COPRODUZIONE CON RAI TRE-FUORI ORARIO; distribuzione: Boudu; origine: Italia/Francia, 2012, durata: 90’


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