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Le stelle inquiete

Pubblicato il 11 marzo 2011 da Enrica Orlando


Le stelle inquiete

Simone Weil: la pesantezza e la grazia di ali giganti. Quando tutti rivolgono lo sguardo al cielo, per vedere le stelle, Simone Weil chiude gli occhi, perché gli occhi non riescono a contenere l’infinito; la mente invece può comprenderlo e quindi sentirlo. In una vita fatta di contraddizioni, tutte vere, Simone è seduta in un campo e sente le stelle che illuminano le campagne della Marsiglia in uno dei periodi più belli e luminosi della sua vita, e più tetri per la storia dell’umanità.

Nell’estate del ‘41, Parigi è occupata dai nazisti. Simone Weil, francese ed ebrea, si rifugia nella campagna della Provenza, ospite di due proprietari terrieri, Gustave Thibon e Yvette sua moglie. Qui, tra il lavoro dei campi, il sole, il cibo, l’aria limpida e semplice del cielo e dei contadini, Simone si staglia con la sua astrazione: è impacciata in ogni lavoro manuale, quanto acuta nell’osservare, è sorridente e curiosa come un bambino, quanto addolorata e smunta come una malata.

In Marsiglia, l’eco della guerra rimbomba solo in alto, su una terrazza dalla collocazione non ben definita, dove gli uomini si riuniscono, sfogliano il giornale, riflettono un’identità politica confusa fatta di luoghi comuni, ghettizzata in una terrazza - torre d’avorio.

In un’assenza (quella della realtà bellica) che è più acuta presenza, Emanuela Piovano e Lucilla Schiaffino colgono decisamente nel segno e costruiscono la sceneggiatura dal punto di vista della bellezza del paesaggio, della fotografia impeccabile ed emotiva, dei silenzi e degli aforismi intellettuali, srotolati sugli orizzonti campestri.

Solo attraverso gli occhi di Simone si intravede la vera sofferenza, il disagio del mondo che lei esige di sentirsi addosso, per esser parte di quella “patria- dice- che possiamo amare quando è nel malheur nel disastro più totale” (tratto dal discorso di Dario Canciani al convegno Simone Weil e Gustave Thibon: un’amicizia intellettuale).
E se il coraggio, nella sua essenza, è speranza e il pensiero è azione, nelle sue lente contemplazioni Simone sta vivendo, sta lottando tra le truppe d’assalto più intensamente di chiunque altro. Nei suoi silenzi vive il dolore del mondo insieme alla forma più alta dell’affetto, quella di un legame senza nodi, intrecciato ma dissolubile, indipendente: il legame con Gustave, con Yvette e in particolare con ciascuno di loro. Oltre il contatto fisico, che la inorridisce, Simone ama. Simone vive e dunque scrive, perché se non scrive non vive.

Il film non è costruito sulle azioni fisiche. L’acme della gestualità si concentra sul gesto di Thibon che affascinato dalla mente della Weil, cerca di comprenderla per la via del corpo, trascinandola sulle ginocchia in un gesto di passionalità che risulta spiazzante e quasi violento nel contesto dell’emotività, tutta interiore, di Simone. Non ci sono particolari cambiamenti di scena; l’evoluzione narrativa è tutta fatta di aforismi, riflessioni ed emozioni, pensate prima ancora di essere vissute e per questo indelebili, quiete e intense.
L’idillio in Provenza, tuttavia, ha una fine. Simone andrà via; Thibon si occuperà di mettere insieme tutti i quaderni che lei gli ha lasciato e li pubblicherà con il titolo La pesanteur et la grace.
“La storia è qui, siamo noi” e Simone preferisce “perdersi con chi sta fuori e non salvarsi con chi sta dentro (tratto dal discorso di Paolo Farina al convegno Simon Weil e Gustave Thibon: un’amicizia intellettuale) .

Come l’Albatros di Baudelaire, Simone Weil riesce a dominare le vette della mente, viaggiando tra i pensieri, luminosi e in corsa come stelle inquiete. Ma quando è a terra, tra la vita che vivono tutti, per le ali giganti non riesce a camminare. Per questo va via dove può volare.


CAST & CREDITS

(Le stelle inquiete); Regia: Emanuela Piovano; sceneggiatura: Emanuela Piovano, Lucilla Schiaffino; montaggio: Roberto Perpignani; musica: Marc Perrone; interpreti: Lara Guirao, Fabrizio Rizzolo, Isabella Tabarini, Marc Perrone, Luigi Liprandi, Danilo Bertazzi; produzione: Kitchen Film; distribuzione: Bolero film; origine: Italia, 2011; durata: 87’


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