Le Vendeur

Un uomo e i suoi riti. La sveglia regolata sempre allo stesso orario, la colazione sempre allo stesso modo, lavoro, casa, famiglia e poco più. Piccole sicurezze che scandiscono la vita del sessantasettenne Marcel Lévesque, venditore d’auto di una piccola concessionaria di un paesino del Canada francese. Marcel è da anni che puntualmente ogni mese vince il premio di impiegato del mese. Mai un ritardo, gentile e cortese con i clienti, abile nel vendere le auto senza mai cercare di forzare la mano o di imbrogliare. Per lui la sua parola è tutto. Il venditore deve essere un amico, quasi un fratello per il cliente. Il suo ufficio è pieno di targhe, lecca lecca per i più piccini e documenti sempre in ordine. Oltre al proprio lavoro, Marcel ama la figlia ed il suo piccolo nipote, del quale non perde una sola partita di Hockey e con i quali nel tempo libero si diletta a fare scampagnate e andare a pesca. Sullo sfondo della sua vita così perfetta e regolare c’è una delle fabbriche che da lavoro alla maggior parte della cittadina che è ferma da oltre 240 giorni. Problema che non solo mette a rischio centinai di famiglie ma che riduce di molto le vendite della sua concessionaria. Un giorno come tanti altri Marcel si reca a lavoro; la figlia ed il nipote sono andati nel Quebec per fergli un piacere e ritirare la macchina di un cliente. Marcel non ha mai perso una vendita. Ma quel giorno...
Un film volutamente lento e intimista che segue con minuziosa attenzione ogni singolo movimento del proprio protagonista. Scene di ripetitività e vita quotidiana spezzati qua e la solo dalla singolare protesta degli impiegati della fabbrica e dai giorni che si susseguono in cerca di un disperato miracolo. Per il resto la noia impera per gran parte di un film che nel suo voler essere d’autore, finisce per risultare noioso e piuttosto ostico da digerire. Non bastano la sublime interpretazione di
Gilbert Sicotte, che da solo tiene in piedi tutta la pellicola, e la bellissima fotografia di Michel La Veaux a giustificare un film che per lunghi tratti sembra piuttosto pretenzioso. La crisi, grande protagonista del Concorso di quest’anno, viene mostrata da più punti di vista in maniera piuttosto banale e telefonata. Inoltre quest’opera ha la grande pecca di finire circa trenta minuti dopo la sua fine naturale. La sceneggiatura viene dilatata oltre la sua vita, rendendo del tutto inutili ed ingiustificati alcuni episodi al proprio interno. Nella mezz’ora in eccedenza si scade addirittura nel patetico soprattutto nell’episodio che vede coinvolto un cliente, il quale dopo il fallimento della ditta per la quale lavorava, non è più in grado di pagare le rate della macchina. In poche parole Sébastien Pilote, che comunque dimostra di avere un’ottima verve visiva, non ha sicuramente la sensibilità di altri sceneggiatori canadesi né tanto meno le capacità narrative di Jean-Marc Vallée o Denys Arcand. Le ottime idee visive di alcune sequenze però fanno ben sperare per il futuro, dove ci piacerebbe vederlo nelle sole vesti di realizzatore e non anche di sceneggiatore.
(id.); Regia e sceneggiatura: Sébastien Pilote; fotografia: Michel La Veaux; montaggio: Michel Arcand; interpreti: Gilbert Sicotte, Jean-François Boudreau, Jean-Robert Bourdage, Nathalie Cavezzali, Pierre Leblanc; produzione: Association Coopérative des Productions Audio-Visuelles (ACPAV); distribuzione: Seville Pictures; origine: Canada, 2011; durata: 107’.
