LES MOTES BLEUS

Le parole tradiscono, sono fonte di malintesi, fanno male, uccidono. Clara (Sylvie Testud), di origine straniera, dopo aver assistito in diretta all’ictus che colpisce l’adorata nonna privandola del linguaggio proprio mentre le sta raccontando una favola, decide di dichiarare guerra alle parole, rifutandosi di imparare a leggere e a scrivere. La sua bambina Anna (la graziosissima Camille Gathier: ma quando si decideranno a prendere una bambina che non abbia la faccia da spot pubblicitario ma assomigli alle bambine che si vedono per strada?), con cui si è costruita un universo blindato da rituali dopo che il padre le ha abbandonate entrambe, decide invece di non parlare più. Per aiutarla viene iscritta ad una scuola di bambini sordomuti, nella cui fragilità l’insegnante Vincent (un Sergi Lopez che forse mira a diventare il nuovo Depardieu, se non altro per la stazza da peso massimo) trova conforto contro le sue paure dovute anche qui ad un trauma in tenera età. Sin dall’inizio appare palese lo svolgimento degli eventi, la strada verso la presa di coscienza di situazioni anche troppo spiegate con abbondanza di metafore sugli uccelli in gabbia che poi dimenticano il loro padrone. Pur se con il consueto garbo tutto francese, che si rispecchia in una scenografia a colori confetto, Alain Courneau (Tutte le mattine del mondo, 1991) prende per mano lo spettatore e, per chiarezza, decide di indicargli tutto prima che possa sospettarlo, molto prima che venga in mente anche ai personaggi del film, togliendogli anche parecchio interesse. Che l’infanzia sia un’invenzione degli adulti malati di amnesia è stato ampiamente provato: sappiamo benissimo che è un periodo durissimo nel quale la perdita di un oggetto d’amore provocherà per sempre (Sigmund dixit) quel sentimento velenoso di melancolia. Il film tutto questo si limita ad accennarlo come antefatto, ma al dunque prevale un happy end che ci aspettavamo dalla prima apparizione del tenerissimo maestro e, peggio ancora, scandito dalla canzoncina pop di Christophe che dà il titolo al film, e che a noi poveri sbalestrati trentenni di oggi ricorda tanto la colonna sonora de Il tempo delle mele.
[Febbraio 2005]
regia: Alain Courneau sceneggiatura: Alain Corneau, Dominique Mainard, dal romanzo “Leur Histoire” di Dominique Mainard fotografia: Yves Angelo montaggio: Thierry Derodes musica: Christophe, Jean Michel Jarre interpreti: Silvie Testud, Sergi Lopez, Camille Gauthier produzione: ARP durata: 114’ origine: Francia 2004
