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Linea d’ombra 2008 – Nosedive

Pubblicato il 18 aprile 2008 da Mario Bove


Linea d'ombra 2008 – Nosedive

L’Amore potrebbe essere l’unica via di salvezza per trarre via dal vortice della perdizione il giovane Theo (Zolt Nagy), ex galeotto arrestato perché “pizzicato” con la roba. Il film dell’esordiente Erik Novak è un viaggio che inizia lungo il confine della dissolutezza, spesa fra il sesso facile, il perenne stordimento delle droghe, la sete di soldi sporchi. Theo corre, nuota e annaspa sul fondo buio della periferia di una città ungherese, così simile alle zone maledette d’ogni altra parte del mondo, così universale nella sua genericità. Il male è come una morchia oleosa che lo invischia senza dargli una possibilità apparente per uscirne. Suo padre lo vede irrimediabilmente votato all’autodistruzione e spera solo che un giorno il figlio possa ritrovare la forza per “rigare dritto” dopo la recente esperienza del carcere. La via di fuga per il giovane potrebbe essere un tranquillo lavoro da barman su una nave, ma Theo, per scelta o per dissennata abitudine, torna nuovamente al rischioso traffico di stupefacenti, questa volta entrando in affari addirittura con la mafia russa del corpulento boss Igor.

Dopo aver presentato a sufficienza il personaggio principale, indugiando sulla sua indole negativa di “bimbo viziato cui piacciono i soldi facili”, le tenebre in cui ci ha calato la storia vengono squarciate dal viso angelico di Iva (Vera Baranyai). La ragazza trafigge Theo attraverso un solo sguardo, incrociato con lui alle soglie dell’ennesima serata brava in discoteca. E’ il momento in cui il desiderio, ben presto (forse troppo facilmente tramutato in amore), spazza via tutta una serie di sensazioni nebulose che confondono e distruggono l’animo dell’uomo.
Il cambiamento iniziato è lento, ma visibile anche nel ritmo del film. Alla frenesia dei festini e delle interminabili sbornie si sostituisce questa tensione verso un sentimento così assoluto come l’amore che il protagonista prova, senza riuscirne a capire le ragioni. Ma quando Theo viene a sapere che Iva è la sorella proprio di Igor, la vicenda si complica…

Novak pensa a se stesso più come ad un pittore che come ad un regista. E’, infatti, sulla tela che il giovane artista ungherese muove i primi passi e anche il film di cui stiamo parlando sembra un vero e proprio impasto di oli o ti tempere. L’indugiare sui colori primari, rosso e blu, sottolinea i momenti più intensi, come le scene degli interni della discoteca, quelle in cui Theo ed i suoi amici si spendono nella confusa giravolta desensorializzante che nasce dagli stupefacenti. L’idea può rimandare allo Scarface di De Palma, con i suoi colori saturi e dirompenti che connotano le sequenze di caos etico. Ma il rosso è anche il fondale dei sogni erotici del giovane pusher in carcere all’inizio del film, o ancora del compimento quasi rituale del suo incontro amoroso con Iva.
La cura delle immagini non è sempre uniforme, con alcuni quadri davvero ben composti alternati ad altre scene che lasciano spazio all’ordinarietà. Lo stesso accade sul versante del ritmo narrativo, gravido di eventi, immagini, suoni e figure nel primo tratto, più attenuato nel medio corso, anche in alcune scene tipicamente d’azione.
L’autore dosa bene i momenti, costruendo in maniera ottimale un lungo percorso che va verso il periodo di climax, nel quale sistema un doppio colpo di scena che spiazza e rinfranca lo spettatore.

Il film può essere visto come semplice spaccato di una vita in cui l’autodistruzione derivante dal desiderio di concedersi integralmente al piacere viene sanzionato come qualcosa dal quale non ci si può liberare facilmente. Ma su “La picchiata” c’è anche tutto il senso asfissiante dell’ambiente che ha il brutale sopravvento su nobili sentimenti e sulla volontà dei personaggi. Novak ritrae una società gretta, cinica, abituata a barattare le emozioni con il denaro, o con l’eroina, e a chiudere ogni divergenza con il piombo. In questa carrellata di mostri civili spuntano alcune figure positive, fra cui quella del padre di Theo, sempre pronto a perdonare e sperare nella redenzione dello sciagurato figlio. In questa situazione, l’amore può non la scelta giusta ed anche una ragazza facile, può rivelarsi l’unica persona in cui riporre fiducia.


CAST & CREDITS

(Zuhanòrepulés) ; Regia : Erik Novàk ; sceneggiatura : Victor Nagy ; fotografia : Jànos Vecserniés ; montaggio : Mano Csillag ; musica : Gbor Klomista. produzione : Megafilm ; origine : Ungheria 2007 ; durata : 105’.


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