Los viajes del viento – IFFR 2010 – Bright Future
Prendete un bel puzzle da mille o duemila pezzi e fissatelo per qualche istante. Davanti a voi avete un bellissimo panorama, una veduta mozzafiato, una scultura affascinante dalla quale è impossibile distogliere lo sguardo. Ora prendete il puzzle e scomponetelo totalmente, fino a quando non avrete davanti a voi una montagna di pezzi disgiunti. Fissate alcuni di quegli elementi di cartone per qualche secondo e analizzate la sensazione che vi lascia questo piccolo esperimento. La stessa identica sensazione, la proverete guardando Los viajes del viento. Quel senso di incompiutezza, di immagini bellissime disciolte in un repentino nulla di fatto alla fine della proiezione. Quel sapore agrodolce lasciato da tutto ció che il film poteva essere e prometteva di essere e che poi non è riuscito a mantenere. Una fiaba, un film fantasy, un musical, un documentario un viaggio introspettivo alla ricerca di se stessi, tutte caratteristiche che la pellicola di Ciro Guerra propone allo spettatore, ma che poi non riesce a portare avanti in maniera adeguata e compiuta, soprattutto a causa di una sceneggiatura piuttosto scialba che non da profondità ai personaggi né ritmo e coesione alla storia. Poco importa se spesso ci si trova immersi davanti a scenari bellissimi e ad una fotografia eccellente, tutto perde di valore quando le fila del discorso non portano da nessuna parte. Lo spettatore non avrà mai il privilegio di vedere il puzzle finito, ma solamente l’inganno di tanti piccoli pezzi bellissimi che non riescono ad incastrarsi l’uno con l`altro.
La storia racconta di una fisarmonica magica che, una volta nelle mani di chi sa suonarla in maniera adeguata, “condannerebbe” quest’ultimo ad una vita da suonatore ambulante, fatta di gare musicali, gioco d’azzardo e relazioni amorose clandestine. L’attuale proprietario, Ignacio Camillo, dopo aver perso la moglie, decide di restituire lo strumento al legittimo proprietario, iniziando così un lunghissimo viaggio che lo porterà ad attraversare deserti, paesi ostili e impervie montagne, fino al luogo in cui vive il suo leggendario maestro di musica. Un giovane ragazzo decide di accompagnarlo, affascinato dalla vita dell’artista da strada, decidendo di sfidare il fascino perverso dello strumento musicale, dando inizio così ad una bellissima amicizia e ad un percorso metafisico che li cambierà per sempre.
La trama, in teoria sarebbe molto affascinante, se il regista non si perdesse spesso e volentieri in scene infinite di sfide musicali che finiscono per sfiancare lo spettatore e rendere difficile lo scorrimento del film. L’intento era sicuramente quello di aprire una finestra sulla vita di questi suonatori ambulanti, ma dopo due scene, non solo si perde l`interesse per il proseguimento della storia, ma ci si dimentica del perchè i due protagonisti hanno intrapreso questo viaggio singolare.
Da un punto di vista della messa in scena, Guerra dimostra di essere un regista molto maturo e molto attento alla fotografia (il lavoro di Paulo Andrés Pérez va sottolineato perchè davvero sublime e vale da solo il prezo del biglietto) ma purtroppo siamo lontani dal folgorante La Sombra del caminante che tanto ci aveva positivamente impressionato nel 2004.
(id.); Regia e sceneggiatura: Ciro Guerra; fotografia: Paulo Andrés Pérez; montaggio: Ivan Wild; musiche: Ivan Ocampo; interpreti: Marciano Martinez, Yull Nunez, Rosendo Romero; produzione: Ciudad Lunar Producciones LTDA, Volya Films, Charivary Films, Cine Ojo Films&Video; origine: Colombia/Olanda/Argentina/Germania; durata: 117`