Love Talk

“Lost angel in Los Angels”, Angeli perduti a Los Angeles.
Sin dal sottotitolo di Love talk il coreano Yoon-ki Lee sembra condensare le istanze primarie della sua pellicola. Il film è infatti una sorta di mescolanza fra modi e mondi orientali (gli "angeli perduti" di Wong Kar Wai) e le immagini e le idee hollywoodiane.
Immaginate le coste assolate della California, le palme, le autostrade, insomma tutte le icone che la grande Hollywood ci ha insegnato a considerare casa. Poi sovrapponete su queste immagini appena evocate il suono di una radio che parla d’amore, come una voce lontana. Che parla, si, ma in coreano.
E’ straniante, sorprendente l’effetto quasi cacofonico della musicalità lontana dei vocaboli dell’estremo oriente, messa a contrasto con le immagini tanto vicine di Los Angeles. E’ spiazzante, così come lo stile di Yoon-ki Lee, che dipinge i suoi personaggi alternando sequenze spiate da una tremante macchina a mano, ricordo del far east, ai più canonici campi made in Usa.
I volti di Park Ji-Seok, Sunny e Young-shin vengono così proiettati in universo parallelo, attorniati dalle centinaia di figure di contorno che popolano le città californiane, ma al tempo stesso emarginati nella solitudine, nelle case vuote (vago ricordo del "Bin-jip" di Kim Kim-duk) di koreatown. La sperimentazione di Yoon-ki Lee non si limita però al solo accostamento di icone provenienti dagli estremi del globo, ma coinvolge i dettami più profondi dei modi di intendere il cinema da cui quelle stesse icone provengono. I silenzi, le lunghe pause del cinema coreano, la delicata sospensione dello spazio e del tempo vengono alternati, spesso con dubbia arbitrarietà, a lunghe sequenze dialogate, gonfie di parole, ma troppo spesso prive di significati e concetti più vicine a certo cinema americano.
E’ ardua la sfida che si pone Yoon-ki Lee, e spesso poco riuscita. Se da un lato, infatti, il regista mescola bene i dettami iconografici e stilistici di due mondi opposti e paralleli, dall’altro non sempre, però, riesce a raccontare, a sviscerare le esistenze dei suoi personaggi. Love talk risulta spesso, dunque, un freddo esercizio di stile. Le vite che si rincorrono, sole, alla disperata ricerca l’una dell’altra, si perdono all’interno di una narrazione che diluisce, ma non sospende la sostanza del racconto. Così, dopo l’iniziale straniamento, di per sé intrigante, lo spettatore si trova ad inseguire il filo di un racconto che non si chiuderà mai.
(Reobeu tokeu); Regia e sceneggiatura: Yoon-ki Lee; fotografia: Choi Jin-woong; musica: Kim Jung-beom; interpreti: Chong-ok Bae (Sunny), Irena A. Hoffman (Irena), Jenne Kang (Shirley), Hee-soon Park (Ji-seok); produzione: LJ Film Co.; origine: Corea del sud, 2005; durata: 118’
